‘Fiori dal muro’, al Nicolosi la mostra delle donne del Laboratorio d’arte del carcere di Latina

Taglio del nastro questo venerdì 12 aprile per Fiori dal muro – prove di colore dentro spazi ristretti, la mostra collettiva delle donne del Laboratorio d’Arte Solidale della Casa Circondariale di Latina. Appuntamento alle 18 allo Spazio Culturale Nicolosi, in Via Filippo Corridoni, a Latina, per ammirare i lavori realizzati da 26 detenute che si sono avventurate nel predisporre bozzetti e idee scritte per poi arrivare a realizzare  ognuna il proprio fiore.

La mostra Fiori dal Muro presenta ben 78 lavori, che si distinguono in tele pittoriche, piatti e piastrelle in ceramica, frutto di ricerca espressiva e tentativo di comunicazione con chi vedrà il Fiore. Un progetto nato in sinergia tra l’associazione Spazio Culturale Nicolosi, presieduta da Peppe Valenza, l’associazione Terzo Lotto IACP | APS, presieduta da Enrico Maria Forte e la Direzione della Casa Circondariale di Latina, il direttore Pia Paola Palmeri.

Le opere, che si potranno ammirare tutti i giorni, fino a domenica 5 maggio dalle 17 alle 20, sono a disposizione del pubblico per la raccolta fondi per reperire materiali e attrezzature per i laboratori del carcere.

Anni fa, credo nel 1980 – racconta Giuliana Bocconcello, responsabile del laboratorio di Arte solidale della Casa circondariale di Latina-  realizzai un’opera frutto della mia immaginazione, osservando dall’esterno il Carcere di Latina, ignara che un giorno avrei avuto la possibilità di vivere quella realtà. Dal 2013, ho l’opportunità di vivere e condividere quella realtà insieme agli altri operatori volontari del Laboratorio d’Arte, all’interno di un luogo certamente ignoto a molti, ma purtroppo anche ignorato. Attraverso l’arte proviamo a dar corpo, con la tenacia creativa che ci contraddistingue, alle innumerevoli potenzialità dei detenuti, sostenuti dalla  Direzione e dagli operatori della Casa Circondariale. Fiori dal muro è l’ultima fantastica creatura artistica di 26 donne detenute. Ogni fiore è un vissuto personale: storie e soggettività raccolte nel colore e attraversate ben oltre i tratti dipinti; insieme, essenza di vita e via di comunicazione tra i due lati della cinta muraria. Questa mostra è ciò che ho condiviso sin da subito con Peppe Valenza, presidente dello Spazio Culturale Nicolosi, la passione per la sincera coesione sociale; il titolo Fiori dal Muro che ha proposto è stato il principio del divenire in prove di colore dentro spazi ristretti”.

“Le attività culturali in carcere costituiscono – dichiara la Direttrice della Casa circondariale di Latina, Pia Paola Palmeri – secondo la legge sull’ordinamento penitenziario, uno degli elementi del trattamento, ovvero uno degli strumenti attraverso i quali promuovere la rieducazione della persona detenuta e quindi il suo reinserimento nella società al termine della pena. Nell’ambito delle attività culturali, l’espressione delle abilità artigianali e artistiche all’interno del carcere esprime però anche un valore ulteriore, ovvero la rivincita del bello su tutto ciò che bello non è: la privazione della libertà quale conseguenza di un reato, la convivenza forzata, la limitazione degli spazi, l’incertezza sulla propria vicenda giudiziaria, le limitazioni di una struttura che non sempre è in grado di offrire ambienti adeguati, il troppo tempo a disposizione. Il titolo della mostra “Fiori dal muro” rende benissimo questa idea. Cosa c’è di più bello in natura di un fiore che spunta in un luogo inaspettato e arduo, dalle crepe di un muro? Al contempo il titolo richiama l’immagine della vita che risorge proprio da ciò che è più statico e arido, il muro stesso”.
“La formazione di un’identità positiva in ambito penitenziario – spiega il Capo Area Giuridico Pedagogica della Casa circondariale di Latina, Dott. Rodolfo Craia  – si fonda sulla possibilità di espressione dei talenti personali, una condizione che può permettere la rimozione degli ostacoli che hanno impedito la realizzazione personale e favorito il percorso deviante. L’apprendimento trasformativo, generato dall’espressione artistica autobiografica è, in questa prospettiva,  necessario per imparare a pensare ed agire in modo autonomo, anziché sulla base di valori, sentimenti e giudizi assimilati dalle culture devianti di appartenenza. In particolare, il lavoro svolto con le donne detenute in Alta Sicurezza racchiude l’essenza di questa metodologia finalizzata a sollecitare il cambiamento della loro traiettoria esistenziale, poiché l’intervento rieducativo è pensato come esperienza relazionale, corporea, materiale, simbolica, organizzata in modo tale da incrinare l’abituale visione del mondo, per costruire una nuova percezione di sé e degli altri”.

“Nel 2012 – dichiara Enrico Maria Forte, Presidente di Terzo Lotto IACP | APS – i fratelli Taviani con il film “Cesare deve Morire” vincono l’Orso d’Oro al Festival di Berlino, la pellicola viene messa in scena da parte dei detenuti di Rebibbia. Il film ha la sua ragione sociale nell’attività che da anni si organizza in carcere. L’arte, l’impegno in un progetto collettivo, l’istruzione, il lavoro devono essere strumenti riabilitativi e dare forma all’articolo 27 della Costituzione Italiana: ” le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.