Quartiere Nicolosi a Latina, una periferia nella città. Coluzzi: urge l’innovazione sociale

Si potrebbe intitolare lettera alla città, o meglio all’amministrazione comunale che finora sui temi importanti ha temporeggiato senza dare alcun segnale di svolta. E’ di oggi un intervento del consigliere Matteo Coluzzi, lista Forte, che affronta il caso del quartiere Nicolosi, la “periferia nella città” sottolineando come spesso si parli dei problemi delle periferie lontane dal centro, i borghi o i quartieri satellite appartenenti ad un tessuto urbano borderline del capoluogo pontino, dimenticando il cuore storico della città sprofondato nel degrado e nell’isolamento. Coluzzi auspica che il Nicolosi possa rientrare nella priorità dell’idea di città che l’amministrazione Coletta riesca a tracciare in modo chiaro e nel più breve tempo possibile nell’ottica di un’analisi strategica.

Il problema
“Giornalmente si susseguono le segnalazioni dei residenti sullo stato di abbandono e di sicurezza precaria che riguarda l’intero quartiere – afferma Coluzzi -. Una zona nel cuore della città dimenticata dall’amministrazione, nonostante sia stata spesso sulla bocca di molti.
Un quartiere che potrebbe essere un gioiello per la sua grammatica compositiva e la sua unicità architettonica, ad oggi caratterizzato da una ‘mixitè’ etnica ed in balia (ormai da svariato tempo) del processo contrario a quello di ‘integrazione’ ovvero di una ‘chiusura’ nei confronti del contesto circostante che non può che sfociare nel degrado e dell’inciviltà. E’ doveroso un intervento immediato teso a rendere nuovamente vivibile questo quartiere storico non solo dal punto di vista della sicurezza ma anche monitorando lo spaccato sociale multietnico che al suo interno si è venuto a creare”.

Matteo Coluzzi
Matteo Coluzzi

La soluzione
Il Coluzzi suggerisce la strada dell’innovazione sociale: “Il vero problema – spiega – è probabilmente dettato dal fatto che in più di un’occasione si è parlato di ‘riqualificazione’ e/o ‘rigenerazione’ di tale area urbana senza ben distinguere il significato dei termini usati”. Parlando di ‘rigenerazione urbana’, infatti, si dovrebbe intendere un processo sociale capace di produrre effetti duraturi nel tempo. Possiamo parlare di rigenerazione urbana nel momento in cui vengono attivate soluzioni finalizzate alla riappropriazione dei diritti di uso di uno spazio da parte della cittadinanza; si produce rigenerazione urbana se lo spazio (pubblico e non) diventa risorsa disponibile, limitando la ‘ghettizzazione’ che ad oggi rende inaccessibile tale zona. Un processo fattibile esclusivamente con il coinvolgimento dei molteplici attori sociali che vivono il quartiere, auspicando una soluzione dettata dalla durabilità e dalla sostenibilità. Perciò non ha senso continuare a parlare di ‘riqualificazione’ legata esclusivamente al tema della pianificazione che fa riferimento ad interventi puntuali di contrasto al degrado ed al disagio sociale attualmente presente”. Per il consigliere quindi “si dovrebbe piuttosto parlare di ‘innovazione sociale’, attraverso un processo complesso attento al coinvolgimento della popolazione dove gli effetti diventano risorsa di tutti”.

No alle iniziative isolate
“I residenti – afferma il consigliere – lamentano in particolar modo la presenza di appartamenti sovraffollati evidenziando la chiara necessità di una verifica di coloro che popolano le residenze. A tal fine non bastano più iniziative isolate che non si sono dimostrate risolutive, bensì occorre un’attenzione concreta legata ad un’idea di rivalutazione del quartiere al fine di renderlo vivibile. Un impegno teso a risolvere in maniera permanente il disagio che ormai da anni abbraccia i residenti e l’intera cittadinanza. Non possiamo più immaginare un pezzo fondamentale della nostra città come un corpo estraneo, come un insieme di eventi da nascondere nei cortili abbracciati da quegli edifici che hanno ospitato coloro che per primi hanno contribuito alla genesi della nostra storia”.

La gentrificazione
La ricetta di Coluzzi trae spunto da altri esempi virtuosi basati sul processo di gentrificazione, “valorizzando il patrimonio presente in zona ed andando a riscoprire il genius loci della stessa, un’identità persa nel tempo ed eventualmente un’interpretazione del suo ruolo anche differente dal passato ma in grado di portare giovamento, sicurezza e vivibilità alla stessa”. “Nel momento in cui si riuscirà ad intervenire con una strategia di miglioramento urbano, con l’implementazione dei servizi e delle attività, potremo sicuramente godere – garantisce Coluzzi – di un risultato frutto della ‘rigenerazione’ anche sociale e non solo urbanistica in grado di ridare un nuovo aspetto ed una nuova attrattività ad una realtà ad oggi abbandonata a se stessa”.

Mantenere vivo il dibattito
“Non servono proclami a riguardo, non sono stati sufficienti in passato a cambiare lo stato delle cose e non lo saranno ora – prosegue Coluzzi -. L’unica vera soluzione è quella (in primis) di mantenere vivo il dibattito dimostrando con i fatti la propria vicinanza a coloro che vivono quotidianamente questa zona, ma soprattutto quella di mettere in campo soluzioni con risultati a breve e lungo termine in grado di affiancare un piano di recupero che possa riportare il tutto alla normalità”.
Quell’idea chiara di città
“Per far sì che tutto ciò avvenga è necessaria una chiara idea di città – conclude il consigliere – oltre che una precisa volontà dettata da un’analisi strategica dell’amministrazione, con l’auspicio che finalmente tale intervento possa essere definito come ‘priorità’ da una maggioranza che fino ad oggi ha temporeggiato sui temi senza però dare alcun segnale di svolta”.