Latina, lettera aperta delle Acli ai sindaci pontini: sì al principio di sussidiarietà

“Approvate i regolamenti sulla collaborazione tra società civile e amministrazioni – questo l’invito rivolto ai sindaci della provincia di Latina e ai rappresentanti della politica locale dalle Acli attraverso una lettera inviata oggi.

Quello che serve sul territorio sono “Nuove prassi generative capaci di far fronte a problemi complessi – ha affermato il direttore provinciale Nicola Tavoletta – Collaborare con le associazioni e con i privati per migliorare la realtà locale in cui si vive. Un appello all’applicazione di un principio costituzionale, quello di sussidiarietà, introdotto dal 2001 nella nostra carta fondamentale”.

Nuove alleanze alla pari

“Quello che chiediamo è la creazione di nuove alleanze alla pari per sviluppare azioni inedite di welfare, che si sta sviluppando in numerose città italiane a partire dal regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani, adottato per la prima volta a Bologna nel 2014 – ha aggiunto Tavoletta. Uno strumento attraverso il quale le organizzazioni della società civile propongono interventi sul proprio territorio, che si realizzano con il contemporaneo impegno dei cittadini proponenti e del Comune.

Insieme si risolvono i problemi sociali

“Se ad esempio esiste uno storico problema di insufficienza di spazi pubblici di aggregazione in un quartiere, un patto di collaborazione potrà iniziare a rispondere alla difficoltà mettendo a collaborare alcuni abitanti con soggetti pubblici, privati, del terzo settore: il Comune, un liceo, la parrocchia, una impresa sociale, un comitato di cittadini. Basta che alcuni abbiano l’idea e si responsabilizzino, poi chiunque si potrà unire.  Una grande chance di cambiamento esplicitata dall’art 118 della Costituzione: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.

L’esempio di Bologna

“Non si tratta di una collaborazione sporadica con privati e aziende ma di una compartecipazione tra amministrazione locale e società civile normata in modo chiaro e generale. Il primo comune ad attuare questa buona pratica è stato quello di Bologna nel 2014 quando, alcuni tra i maggiori esperti di diritto amministrativo, hanno accolto lo stimolo di uno straordinario funzionario del Comune di Bologna, Donato Di Memmo, che mise in evidenza un problema che gli si presentava quotidianamente. Troppo spesso le energie di molti bolognesi attivi venivano disperse: occorreva un dispositivo, il più semplice possibile, per canalizzarle meglio. Fu così che Bologna adottò il primo Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani. Il Regolamento prevede la possibilità, da parte dei cittadini o organizzazioni della società civile, di proporre un intervento che si realizza con il contemporaneo impegno dei cittadini proponenti e del Comune. Quest’ultimo assicura sempre un proprio supporto: mettendo a disposizione i propri mezzi di comunicazione diffusa, il lavoro di dipendenti comunali e le attrezzature per i diversi settori di intervento pubblico locale, le proprie reti con altri soggetti del territorio. Il regolamento offre una cornice giuridica in cui tale azione può collocarsi e ne delinea le regole; ogni singolo intervento diventa parte di un Patto di collaborazione che specifica, coerentemente con il regolamento, i soggetti, i modi e i tempi con cui cittadini e istituzioni si impegnano reciprocamente a realizzare obiettivi comuni”.

Il cambiamento culturale

“La cultura dell’Amministrazione condivisa è andata via via incidendo su due sfide di cambiamento culturale – ha spiegato Maurizio Scarsella, presidente provinciale delle Acli -. Da una parte lo snellimento burocratico e la rapidità realizzativa sono diventati evidenti (ne sono esempio gli oltre duecento Patti stipulati nel comune di Bologna); dall’altra parte la costruzione di collaborazioni multi-attoriali, inedite dal punto di vista tematico, sorprendenti sotto il profilo dei contraenti (nemici storici, per così dire, che finalmente si alleano)”.

I Comuni che hanno adottato il regolamento

“Sono oggi quasi cento i Comuni italiani che hanno adottato questo Regolamento, tra cui capoluoghi di Regione come Torino, Bari e Genova, ma anche luoghi fortemente simbolici come Casal di Principe, numerose realtà medie lombarde e toscane ma anche più piccole, come Acireale in Sicilia.

Il patto di collaborazione, in concreto, prevede che un bene comune possa diventare oggetto di azioni di cura, rigenerazione, riuso o gestione per iniziativa di cittadini singoli o associati, ovvero su proposta dei funzionari o dei responsabili politici comunali. Tale proposta può quindi venire “dall’alto” o “dal basso” ma risulterà sempre come azione, materiale e/o immateriale, che non può prescindere dal responsabilizzarsi delle diverse parti contraenti, che si impegnano a rispettare gli impegni pattuiti”.

La collaborazione sul territorio

Molti amministratori a cui viene presentato questo nuovo strumento di diritto amministrativo rispondono che nel loro comune c’è già un regolamento simile. Ma i regolamenti settoriali, ad esempio un regolamento per la cura del verde comunale, non sono ombrelli sufficientemente ampi per proteggere le molteplici, diverse e spesso sorprendenti declinazioni di una cittadinanza attiva (non solo nella cura di orti e giardini) che non vuole avere nei confronti dell’amministrazione pubblica locale un atteggiamento rivendicativo, ma costruttivo, sperimentale, collaborativo – sottolinea Nicola Tavoletta -. L’idea di fondo è che nuove prassi generative capaci di far fronte a problemi complessi abbiano bisogno di laboratori territorializzati e condivisi. Restringendo il campo, ad esempio al solo tema del verde pubblico urbano, si andrebbe ad impoverire uno strumento normativo che invece può riguardare i più svariati settori”.