Sep, l’aumento dell’organico trattato porta ad un rischioso surplus di compost prodotto

La decisione presa dalla Regione Lazio, che ha vietato l’ingresso nello stabilimento di Rida Ambiente del comparto organico aumentando simultaneamente il conferimento alla Sep di Pontinia, ha come conseguenza ùn aumento esponenziale del compost prodotto dalla stessa ditta con sede a Mazzocchio, con tutte le controindicazioni del caso (che vanno ben oltre i miasmi annusati da chi risiede nei dintorni e fino a decine di chilometri di distanza). Alla Sep è stato concesso un aumento del conferimento fino a 250 tonnellate al giorno (G09022 27/06/2017). Un aumento che, ipotizzando che i giorni di lavoro per ogni anno siano solo 300, porterebbe in Sep 75.000 tonnellate di rifiuti organici all’anno, una cifra ben superiore alle 49.500 tonnellate autorizzate dalla stessa Regione nel 2015. Un tetto massimo destinato a essere sforato visto che la Sep, rimane l’unico stabilimento nella zona a poter ricevere umido. Un problema, quest’ultimo, non solo matematico. Si pensi infatti che uno stabilimento di compostaggio che riceve mille tonnellate l’anno di rifiuti dovrebbe avere a disposizione sei mila metri quadri al coperto per la sola stabilizzazione del prodotto che, se non avviene in modo corretto e controllato, rischia di provocare proprio quei miasmi lamentati dai cittadini. Sono le stesse aziende che producono compost a dire che, nel loro prodotto definito di qualità (non da loro ma dalle istituzioni preposte al controllo) rimangano comunque materiali ferrosi e plastiche. Che poi verranno sparsi (fortunatamente gli agricoltori che acquistano compost derivante da lavorazione dei rifiuti sono davvero pochi) sui campi di insalata e pomodori che poi finiscono sulle tavole di tutti noi. Negli impianti di compostaggio non entra solo il rifiuto che i cittadini gettano nel cassonetto dedicato all’organico. Negli impianti finisco anche i fanghi biologici (quello che rimane dalla lavorazione delle acque reflue, ossia quello che passa attraverso i depuratori compreso tutto quello che viene gettato nei water e nei lavandini. La stessa lavorazione, per ammissione di molti tecnici, non permette la liberazione totale da elementi ferrosi e plastici, che vengono molto spesso solo sminuzzati ma rimangono nel compost. Compost che, anche se non utilizzato dagli agricoltori viene comunque disperso sui terreni, diventando parte integrante di questi. Le soluzioni al problema potrebbero essere due. Da una parte il compostaggio domestico (utile soprattutto per agricoltori e allevatori) dall’altra la lavorazione dell’umido all’interno di impianti Tmb che trattano l’indifferenziato e che, bio-essicando il rifiuto in entrata, sarebbero facilitati da una presenza maggiore di umido. Un indirizzo contrario a quello dato però dalla Regione Lazio.