Sezze, il Tar affossa la lottizzazione di Monte Trevi

L'area verde indicata con la freccia oggetto delle istanze di permesso a costruire per una lottizzazione a Monte Trevi

Una batosta per la famiglia Maselli, un sospiro di sollievo per il Comune di Sezze sul quale pendeva una richiesta risarcitoria di oltre sette milioni di euro. Roba da far saltare il banco della pubblica amministrazione. La sentenza del Tar, che certo non è definitiva, ha però posto un vero e proprio macigno sulle possibilità edificatorie di Monte Trevi. Un’area verde a soddisfazione degli standard urbanistici per la previsione di edilizia economica e popolare di fatto esaurita da anni.

La famiglia, proprietaria del terreno ricadente nella zona C del Piano regolatore generale, quindi di espansione, era rimasta tagliata fuori dagli espropri effettuati per la realizzazione degli alloggi popolari e quindi aveva sperato di poter investire attraverso un piano di lottizzazione per una cubatura complessiva di circa 16mila metri. Due le istanze di permesso a costruire, due i dinieghi da parte del Comune di Sezze, entrambi impugnati: il primo nel 2011 – a cui è seguita una sentenza nel 2014 – e il secondo nel 2015 a cui è seguita la sentenza pubblicata oggi.

La sentenza pubblicata oggi, in relazione all’udienza del 6 dicembre scorso, è lapidaria da un punto di vista urbanistico: respinge il ricorso in quanto “destituito di giuridico fondamento”, sebbene la parte ricorrente abbia portato a suo vantaggio la sentenza del 2014 che le dava ragione riconoscendo l’illegittimità del primo diniego. Ma il vecchio pronunciamento non entrava nel merito della legittimità della richiesta del permesso a costruire – si legge nella nuova sentenza – limitandosi ad evidenziare il difetto di istruttoria e di motivazione. Il collegio giudicante presieduto da Antonio Vinciguerra ha accolto in pieno le eccezioni sollevate il 6 dicembre scorso dal Comune di Sezze, rappresentato dall’avvocato Giacomo Mignano. L’amministrazione comunale, costituitasi in giudizio, ha fatto propria la relazione dell’attuale responsabile dell’ufficio tecnico Vincenzo Borrelli, con la quale si è ha messo nero su bianco, e per la prima volta in questa complessa vicenda, che il Piano per l’edilizia economica e popolare era stato adottato dal Comune nel 1973 ed approvato dalla Regione Lazio nel 1975, esaurendo la propria efficacia nel 1993, stabilita per legge la durata di 18 anni. Cosicché “l’intervenuta scadenza di detto strumento urbanistico, comporta il venir meno delle dichiarazioni di pubblica utilità e dei vincoli espropriativi che ne derivavano, rimanendo operanti i vincoli conformativi derivanti dalla destinazione dallo stesso impressa”. “Ne deriva – si legge nel provvedimento odierno – che l’area in questione mantiene la destinazione d’uso ad edilizia residenziale pubblica e che la lottizzazione richiesta dai ricorrenti non è conforme a tale destinazione”.

Il collegio, nel respinge il ricorso, ha inoltre dichiarato lo stesso inammissibile per difetto di giurisdizione del Giudice amministrativo in ordine a una parte della domanda risarcitoria: “Ritiene il Collegio – scrive il consigliere estensore del provvedimento, Roberto Maria Bucchi – che, in effetti, sulla domanda di risarcimento del danno che fa riferimento a non meglio precisati comportamenti pregressi dell’Amministrazione sussiste la giurisdizione del giudice ordinario”. Una strada tutta in salita per una causa civile che abbia come base di partenza questa sentenza, seppur appellabile.