Satnam, Lovato: “Il braccio l’ho messo io nella cassetta, ho perso la testa”

Antonello Lovato

È ripreso davanti alla Corte d’Assise di Latina – presidente Gian Luca Soana, giudice a latere Mario La Rosa e giuria popolare – il processo che vede imputato per omicidio volontario il 39enne Antonello Lovato, accusato della morte del bracciante indiano Satnam Singh, avvenuta nel giugno dello scorso anno. L’uomo è assistito dagli avvocati Mario Antinucci e Stefano Perotti.

Il momento centrale dell’udienza: la versione di Lovato

Il clou della giornata è stato l’esame diretto dell’imputato. Lovato, detenuto da un anno e mezzo, ha risposto a tutte le domande ripercorrendo la dinamica dei fatti.

Ha raccontato che Satnam lavorava nell’azienda agricola di Borgo Santa Maria da sette-otto mesi, senza contratto, come anche la moglie Soni: “Nessuno nella mia azienda era regolare”, ha ammesso.

Riguardo al 17 giugno 2024, ha ricostruito il momento dell’incidente causato dall’avvolgitelo artigianale collegato al trattore: secondo la sua versione, quel macchinario lo utilizzava solo lui e Satnam era addetto a sbloccare i teli a terra. Ha dichiarato che non gli aveva assegnato alcuna mansione con il mezzo e che si trovava a circa 40 metri quando ha sentito le urla.

Lovato descrive la scena: “Satnam era in una pozza di sangue, abbiamo cercato di tamponare la ferita. Era cosciente”. Poi l’ammissione del caos seguito all’incidente: “Ho perso la testa”.

La scelta di non chiamare i soccorsi e il trasporto in furgone

L’imputato sostiene di non aver contattato i soccorsi perché senza cellulare e convinto che fossero già stati chiamati dagli altri lavoratori. Afferma che Soni avrebbe insistito per tornare a casa, credendo che lì sarebbe arrivata l’ambulanza.

Lovato riferisce di aver caricato Satnam sul furgone e averlo trasportato, insieme alla moglie, in via Genova a Castelverde, dove il bracciante è stato lasciato davanti all’abitazione in cui era ospitato. “Non l’ho abbandonato sul marciapiede – precisa – l’ho lasciato tra le braccia di Soni”. Ammette però di aver riposto lui stesso l’arto amputato nella cassetta della frutta.

Dopo aver lasciato la coppia, Lovato racconta di essersi recato dall’avvocato Perotti e poi in Questura.

Le testimonianze sindacali

A seguire, è stata ascoltata Laura Hardeep Kaur della Flai Cgil, la prima a denunciare pubblicamente la vicenda. Ha ripercorso il sopralluogo a Castelverde e poi nell’azienda, ricordando l’agitazione e la mancanza di trasparenza sulla presenza dei lavoratori irregolari.

Ultimo testimone, Giuseppe Massafra, segretario della Cgil di Frosinone Latina, che ha illustrato il lavoro sindacale a tutela dei braccianti.

La richiesta della difesa: domiciliari per Lovato

Al termine, l’avvocato Antinucci ha presentato istanza per sostituire la misura cautelare in carcere con i domiciliari, dopo 19 mesi di detenzione. Il pm Marra si è opposta, richiamando le esigenze cautelari ancora presenti: rischio di reiterazione, possibile inquinamento probatorio e indagini ancora in corso legate all’attività aziendale.

La Corte si è riservata la decisione.

Le prossime udienze

Il processo riprenderà il 3 febbraio 2026, con l’audizione del medico legale della difesa e altri testimoni. Già fissata anche la data del 24 febbraio 2026.

Il quadro generale dell’inchiesta

Satnam Singh – soprannominato “Navi” – era in Italia dal 2016. Dopo la scadenza del permesso di soggiorno era diventato uno dei tanti lavoratori invisibili dell’agro pontino. Il 17 giugno 2024 si ferì con l’avvolgi-plastica artigianale nell’azienda di Lovato. Invece di essere portato in ospedale, fu trasportato in furgone e lasciato a Castelverde. Morì due giorni dopo al San Camillo di Roma.

Lovato è imputato per omicidio volontario e violazioni sul fronte della sicurezza nei luoghi di lavoro (d.lgs. 81/2008). Le parti civili ammesse sono dodici, tra cui i familiari della vittima, la compagna Soni Soni, Inail, Comuni di Latina e Cisterna, Regione Lazio, Flai Cgil, Cgil Latina Frosinone e Anmil.