Alba Pontina, ecco cosa dicono i politici tirati in ballo da Riccardo

Nicola Calandrini
Se Angelo Orlando Tripodi, capogruppo della Lega nel Consiglio regionale del Lazio, commenta con un “non so nemmeno chi siano i Travali”, il senatore di Fratelli d’Italia Nicola Calandrini fornisce dettagliate precisioni in merito alle dichiarazioni del pentito Agostino Riccardo, rese ieri nel corso del processo Alba Pontina.
“Nel 2013 io e Pasquale Maietta – afferma il senatore pontino, attuale consigliere comunale e coordinatore provinciale del partito di Giorgia Meloni – eravamo contemporaneamente candidati lui alla Camera dei Deputati io al Consiglio Regionale ed entrambi facevamo parte di Fratelli d’Italia. Conseguentemente non posso escludere che Maietta, nello svolgere campagna elettorale per lui, abbia richiesto a terzi e quindi anche nell’ambiente calcistico nella sua qualità di allora presidente del Latina Calcio, di votare per me alle Regionali. Ricordo ancora che, sempre in quel periodo (2013), Maietta non solo non risultava coinvolto in alcuna vicenda giudiziaria ma risultava essere una figura politica di primo piano sia all’interno del partito sia per rivestire rilevanti cariche istituzionali cittadine (consigliere comunale eletto e assessore al bilancio). Posso inoltre dire con certezza che io non ho mai incontrato i tifosi, e se anche lo avessi fatto non lo considero una cosa disdicevole. Escludo nel modo più categorico di aver avuto conoscenza della presunta mediazione ‘specifica’ di Maietta per ‘girarmi’ 500 voti dalla curva dei tifosi del Latina Calcio”.
Il ragionamento di Calandrini prosegue proprio sui numeri: “Le elezioni regionali – aggiunge infatti il senatore – si chiusero con un bilancio di circa 6.300 preferenze di cui 4.000 nella sola città di Latina, che non furono comunque sufficienti per la mia elezione in Regione. Ad ogni modo, fin dalla mia prima candidatura, nel 2002, il mio consenso elettorale e i voti raccolti sono perfettamente riconducibili a un elettorato storico e consolidato nel tempo. Le persone che mi hanno sostenuto e che mi sostengono tutt’ora le ho sempre incontrate alla luce del sole e nella più totale trasparenza”.
“Questo è il solo modo che conosco di fare politica e di raccogliere consensi. Respingo quindi con forza qualsiasi allusione circa un mio presunto coinvolgimento per acquisire voti, direttamente o indirettamente, con modalità improprie o addirittura illegali, auspicando che la magistratura possa rapidamente chiarire tutte le presunte circostanze riferite dal pentito Agostino Riccardo”, conclude Calandrini.
L’eurodeputato pontino Matteo Adinolfi della Lega, tirato in ballo da Riccardo e prima di lui dall’altro pentito Renato Pugliese, ha ribadito di non aver mai avuto contatti con queste persone. Secondo i pentiti l’imprenditore Raffaele Del Prete avrebbe pagato il clan per portare voti sicuri ad Adinolfi, candidato consigliere con la lista “Noi con salvini” nel 2016. “Ero il commercialista di alcune società di Del Prete – afferma Adinolfi -, immaginavo che mi avrebbe potuto dare una mano con la sua famiglia e con qualche suo dipendente ma non certo con i Di Silvio e con questi personaggi che manco conosco. Mai saputo dell’esistenza di Riccardo”. Adinolfi, come Calandrini, usa la logica dei numeri. Nell’ultimo ventennio mi sono candidato tre volte in Consiglio comunale, venendo eletto con 500, 500 e 450 voti. Tutto verificabile. I voti erano i miei, sfido chiunque a smentirmi”.
“Sono offesa ed amareggiata – scrive su Facebook Gina Cetrone, altro politico interessato dalle dichiarazioni dei pentiti – dalle informazioni che anche in queste ultime ore sono state diramate nel web in relazione ad un processo in corso di svolgimento davanti al Tribunale di Latina. Io ho sempre rispettato la legge, non sono interessata a tale processo…”. Cetrone, ex consigliere regionale, nel 2016 era candidata alle amministrative di Terracina, con la lista “Si Cambia” che poi confluì con lo schieramento che sosteneva la candidatura a sindaco di Gianluca Corradini.
Né lei, attuale coordinatrice regionale di “Cambiamo con Toti”, né gli altri esponenti politici risultando coinvolti nel procedimento giudiziario in corso.