Legambiente ha chiesto di prendere parte al costituendo tavolo promosso dall’assessore regionale all’Ambiente per rappresentare le problematiche ambientali generate dalla determinazione regionale che ha dato autorizzazione alla anticipata occupazione dello specchio d’acqua interessato al progetto di istallazione di un maxi impianto di allevamento cozze davanti alla costa di Terracina. Gli ambientalisti del circolo “Pisco Montano” di Terracina e di Legambiente Lazio, dopo aver passato sotto la lente tutto l’iter riguardante la richiesta di concessione demaniale presentata dalla società “Mitilflegrea” di Bacoli, hanno inteso mettere in evidenza alcune contraddizioni.
Quella strana “Via”
La vicenda nasce già nel 2014 – spiegano – con una richiesta di nuova concessione demaniale marittima a cui segue nel gennaio 2015, “ed è questo forse il punto meno comprensibile – sottolinea Legambiente – di tutta la faccenda”, un esito favorevole dell’istruttoria di Valutazione di Incidenza della Direzione Regionale Infrastrutture, Ambiente e Politiche Abitative – Area Sistemi Naturali pur essendo la zona individuata posta a ridosso del SIC (sito di interesse comunitario) marino più esteso del Lazio (3740 ettari) denominato IT6000013 “Fondali tra Capo Circeo e Terracina” nei cui fondali sono presenti diverse tipologie di habitat e specie (Posidonia Oceanica codice 1120, Cymodocea Nodosa codice 1110, habitat Coralligeno codice 1170, Pinna Nobilis ) di rilevante interesse comunitario che necessitano di una stretta protezione, come specificato nell’allegato I, II e IV della direttiva 92/43/CE, nota anche come “direttiva Habitat.
L’incidenza sulla posidonia
Secondo Legambiente è incomprensibile l’esito favorevole dell’istruttoria Via: “Le praterie di Posidonia Oceanica – spiegano gli ambientalisti – sono considerate le più forti concentratrici di materia vivente del Mediterraneo oltre che un efficace protezione contro l’erosione del litorale. La Valutazione di Incidenza è il procedimento di carattere preventivo introdotto dall’articolo 6, comma 3, della “direttiva Habitat” (recepita con DPR 357 del 1997 modificato ed integrato dal DPR 120 del 2003) e ha come obiettivo la salvaguardia dell’integrità e l’equilibrio ambientale dei SIC. Inoltre con la Deliberazione Regionale 604 del 3/11/2015 (peraltro stranamente non citata nell’atto di rilascio dell’autorizzazione), alcuni SIC tra cui il SIC IT6000013 sono stati modificati nelle delimitazioni. In particolare il SIC IT6000013 è stato ampliato per tener conto del progressivo accrescimento negli anni della Posidonia – anche a seguito dei maggiori controlli sulla pesca a strascico – e anche per salvaguardare i nuovi habitat che sono stati recentemente rilevati (Cymodocea Nodosa, habitat Coralligeno)”.
Novecentomila euro per il Mare Nostrum
A tutto ciò va aggiunta un’altra circostanza: “Nel 2015, la Regione Lazio (la stessa che ha concesso l’autorizzazione) – ricostruisce sempre Legambiente -, ha concluso il progetto Mare Nostrum, con il quale già nel 2007 aveva stanziato 900.000 euro per il raddoppio di un’Area Marina Protetta nello specchio acqueo antistante il tratto di costa tra Porto Badino e Terracina, finalizzata a preservare e sviluppare la fauna e la flora acquatiche e, nel contempo, l’ecosistema marino, con particolare riguardo a misure intese a tutelare e migliorare l’ambiente dei siti rientranti nella rete ecologica europea “Natura 2000” (bando Regione Lazio FEP 2007-2013, asse prioritario 3 misure di interesse comune, Misura 3.2 (Art. 38 Reg. CE n. 1198/2006), principale strumento della politica dell’Unione europea per la conservazione della biodiversità, col fine di favorire la protezione ed il ripopolamento delle specie ittiche e vegetali”.
Ministero dell’Ambiente da tirare in ballo
“Ci attiveremo da subito presso la Regione Lazio, coinvolgendo eventualmente anche il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e le Istituzioni Europee competenti (anche tramite il procedimento Eupilot), per rappresentare il caso di Terracina”, affermano Roberto Scacchi, presidente di Legambiente Lazio, e Anna Giannetti, presidente del circolo Legambiente di Terracina.
Legambiente sul piede di guerra
Il circolo “Pisco Montano” fa sapere che supporterà qualsiasi azione di ricorso giurisdizionale, e chiede da subito alla Regione Lazio, d’intesa con Legambiente Lazio e il Forum di Agenda21 locale: di partecipare al costituendo tavolo promosso dall’assessore all’Ambiente per rappresentare le problematiche ambientali generate dalla suddetta determinazione; di approfondire nel dettaglio tecnico e scientifico, le motivazioni che hanno determinato l’esito favorevole della valutazione di incidenza del 26 gennaio 2015 (prot. 036565); di sottoporre comunque ad una nuova e complessiva valutazione di impatto ambientale l’intero progetto visto che un SIC è per sua natura una realtà dinamica in continua evoluzione, che con la Deliberazione Regionale 604 del 3 novembre 2015 il SIC IT6000013 è stato ampliato di ben 360 ettari e che la citata deliberazione indica che tutti gli adempimenti relativi all’attuazione della Direttive 92/43/CEE e del DPR 357/97 e s.m.i. dovranno avere quale riferimento cartografico le nuove delimitazioni adottate con la stessa deliberazione.
Che la Via segua le regole internazionali
“La valutazione – concludono gli ambientalisti – deve comunque tener conto, con riferimento ai criteri individuati dalla letteratura scientifica internazionale in materia, degli impatti generati sul delicato equilibrio di tutto l’ecosistema; sulle praterie di posidonia oceanica e sugli altri habitat presenti nel SIC IT6000013; sulle comunità bentoniche sottostanti a causa dell’eccessiva sedimentazione di materia organica, della carenza di ossigeno (ipossia e anossia) e degli effetti tossici del solfuro di idrogeno (H2S); sul popolamento ittico e sulle aree di nursery per via dell’ingente assorbimento di fitoplancton dovuto all’acquacoltura dei mitili rispetto alla capacità di rigenerazione dell’ecosistema locale”.