La fine della latitanza di Massimiliano Del Vecchio, avvenuta giovedì nel cuore di Barcellona, non è soltanto la conclusione di un’operazione investigativa durata anni. È anche l’ennesima conferma di un asse criminale consolidato: quello che lega il principale porto della Catalogna alle piazze di spaccio del Lazio, e in particolare al sud pontino.
Del Vecchio, 42 anni, ritenuto promotore di un’associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico aggravata dall’uso delle armi, è stato fermato all’uscita di una clinica odontoiatrica nel quartiere Gràcia. In spalla uno zaino con 100mila euro in contanti, documenti falsi e appunti che gli inquirenti stanno analizzando. Non ha opposto resistenza: la Guardia Civil e i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, in coordinamento con le autorità giudiziarie italiane e spagnole, lo aspettavano all’esterno.
Secondo gli investigatori, Del Vecchio non metteva piede in Italia da almeno due anni. La scelta di Barcellona come rifugio non sorprende: da decenni la città è considerata un hub strategico per il narcotraffico europeo, in grado di ricevere e stoccare grandi quantitativi di cocaina dal Sud America e hascisc dal Marocco. Le inchieste più importanti, dal processo “Lazial Fresco” fino alle recenti operazioni antidroga, hanno tracciato una rotta precisa: via mare, i carichi arrivano al porto catalano e da lì ripartono nascosti in tir diretti a Civitavecchia, spesso camuffati come partite di frutta o ortaggi.
Non è la prima volta che un nome di rilievo del narcotraffico pontino viene catturato in Catalogna. A gennaio di quest’anno, sempre a Barcellona, è stato estradato Gian Luca Ciprian, considerato uno dei fornitori del clan Travali. Negli anni ’90, la polizia spagnola arrestò Giuseppe D’Alterio, detto “Marocchino”, figura vicina ai casalesi. Un filo rosso che unisce generazioni diverse di trafficanti e conferma il ruolo centrale di questa rotta per alimentare il mercato italiano.
Per la Direzione Distrettuale Antimafia, l’arresto di Del Vecchio ha un valore che va oltre la singola cattura: interrompere anche temporaneamente la capacità di coordinamento di un gruppo criminale radicato significa indebolire una rete che, grazie a denaro liquido e documenti falsi, riesce a garantire ai suoi uomini lunghi periodi di irreperibilità. Ma significa anche colpire un sistema logistico complesso, dove i contatti e gli appoggi sono merce preziosa quanto la droga stessa.
Ora le indagini proseguono tra le province di Latina e Frosinone per ricostruire i movimenti del 42enne e individuare la rete che lo ha sostenuto durante la latitanza. Perché, come ammettono gli stessi investigatori, “la cattura è un punto di svolta, ma la partita per il controllo delle rotte è ancora aperta”.









