Coronavirus, Fase 2 lontana per bar, ristoranti e parrucchieri. Fazzone: “Servono contributi a fondo perduto”

Claudio Fazzone

Bar, pizzerie e ristoranti non riapriranno almeno per il mese di maggio. Le parole di Giuseppe Conte di ieri sera, se pur annunciate, hanno aumentato la preoccupazione di tanti piccoli imprenditori. A dar loro voce è stato anche il senatore Claudio Fazzone.

“L’Italia ha bisogno di ripartire – ha detto – da subito. Non si può attendere ancora. Abbiamo ascoltato le parole pronunciate ieri dal premier Conte e siamo rimasti scioccati soprattutto per ciò che non abbiamo sentito. Se è possibile circolare con qualche restrizione in meno, perché non aprire in assoluta sicurezza tutta una serie di esercizi commerciali che invece rimarranno chiusi ancora per lungo tempo? Aprono musei e librerie, ma non tanti altri tipi di esercizi. Perché la stessa cosa non viene fatta nei confronti dei gestori dei bar o dei ristoranti per quale motivo bisogna attendere giugno anche per i parrucchieri? Cosa cambierebbe da oggi a fine mese? Analogo discorso per gli stabilimenti balneari alle prese con una stagione già iniziata.

Allungare i tempi della loro riapertura significherebbe rendere ancor meno produttiva l’annata. Impensabile tenere chiuse queste attività per un altro mese soprattutto quando al contrario potranno riaprire i negozi di vendita al dettaglio, i musei e le biblioteche. Eppure ci sarebbe la possibilità di riattivare questi esercizi seguendo i dovuti protocolli di sicurezza. I parrucchieri sono costretti a sostenere costi fissi come affitti e bollette. Lo stesso discorso vale per i ristoratori ed i baristi”.

“Attendere ancora più di un mese per far riavviare loro l’attività senza aiuto – ha continuato Fazzone – significa condannarli al fallimento. Sarebbero necessari contributi a fondo perduto  come hanno fatto altri Paesi, ed invece il nostro governo nel decreto ‘Cura Italia’ ha preferito somministrare la liquidità con la formula del prestito con il vincolo della restituzione. Così facendo le nostre imprese sono costrette ad indebitarsi ulteriormente pur di sopravvivere. Il presidente Conte dovrebbe finirla di indire conferenze a reti unificate prima ancora di firmare i decreti. Venga in Parlamento per confrontarsi. Magari riceverebbe suggerimenti preziosi. Decisioni così importanti sarebbe opportuno prenderle ascoltando i rappresentanti del Paese, piuttosto che nelle segrete stanze”.