Ex Somal a Sabaudia, una “riserva” senza acqua potabile che nessuno vuole vedere: aperto anche un Cas

Benvenuti a Bella Farnia Mare: 400 villini alle porte di Sabaudia, metà dei quali trasformati nel corso degli anni in un ghetto. Parliamo dell’ex Somal, ovvero del residence Bella Farnia Mare, all’interno del quale vivono 883 immigrati regolari e 143 italiani residenti. Ma il dato non coincide con la realtà, spiega Annalisa Comandini, del comitato Bella Farnia Mare nato per fronteggiare i disagi di chi vive in questo residence: perché gli immigrati sono molti di più, considerando quelli irregolari che non risultano da nessuna parte ma che in realtà esistono, e i 143 italiani con residenza all’interno di questo ex consorzio a conti fatti sono di meno, poiché trattasi di residenze di comodo (chi ha casa qui per la villeggiatura ne risulta residente per pagare meno tasse).

All’interno dell’ex consorzio, la maggior parte degli abitanti, quasi tutti indiani, vive nell’area più degradata in circa 150 immobili, tra abitazioni e locali commerciali adibiti ad abitazione, in condizioni visibili di sovraffollamento, spiega la signora Comandini. Immobili in stato di abbandono, senza alcuna manutenzione, pieni di infiltrazioni e circondati da spazzatura.

Manca l’allaccio all’acqua potabile e al sistema fognario. Un problema vecchio che tuttavia è peggiorato. “Dal 2017 l’amministratore di questo condominio, come stabilito dal Tar, è il Comune di Sabaudia – spiega la signora Comandini -. Il Comune di Sabaudia deve farsi carico dell’amministrazione del Consorzio Bella Farnia Mare. Non abbiamo gli allacci dell’acqua, ma abbiamo due pozzi d’acqua che in teoria non dovremmo usare perché il sindaco due anni fa ha vietato l’utilizzo al fine del consumo umano, vista la nota della Asl di Latina che segnalava la presenza di batteri coliformi, comunemente associati alla presenza di residui fecali nelle acque. Io personalmente uso l’acqua comprata in bottiglia per cucinare la pasta, lavarmi i denti, ma purtroppo per fare la doccia sono costretta a ricorrere all’acqua del pozzo. Viviamo nel terrore, io come tutti gli altri consapevoli del rischio che corriamo. Nel 2014 il depuratore del residence è stato dismesso per incapacità di capienza e da allora siamo attaccati al depuratore del vicino consorzio di Caprolace. Siamo allacciati all’Enel, questo sì, ma se qui dentro casca un palo lo stesso resta a terra”.

Questa notte il sito è stato oggetto di un blitz di CasaPond Latina che ha affisso due striscioni, con le seguenti scritte: “Difendiamo la minoranza italiana” e “Basta Caos basta Cas”. E cosa c’entrano i Cas?

“Un appartamento di 80 metri quadrati nella parte più decente del residence è stato dato in affitto per l’apertura di un Cas (Centro di accoglienza straordinaria) gestito da una cooperativa, nonostante non vi sia acqua potabile che è requisito minimo – afferma la signora Comandini -. Appena aperto questo Cas, nell’estate del 2017, c’erano 15 nigeriani, nel 2018 ce ne erano 10, oggi non li abbiamo ancora contati”.

Con l’apertura del Cas all’interno di questo residence, secondo CasaPound Latina, si sarebbe venuto a creare un ulteriore elemento di insicurezza: una ragazza di origine indiane ha denunciato di essere stata apostrofata in strada da un richiedente asilo, che l’avrebbe poi seguita fino al portone di casa.

“E’ inammissibile – ha dichiarato il responsabile di CasaPound – che le istituzioni lascino sviluppare e proliferare aree di degrado che di fatto sfuggono alla sovranità dello Stato, compromettendo la sicurezza degli Italiani che vivono in quelle zone e che se le stanno vedendo portar via dagli ultimi arrivati, nell’incuria totale degli enti chiamati a tutelarli”.

Nel tempo le forze dell’ordine e i funzionari dell’Asl sono intervenute più volte all’interno dell’ex Somal per la verifica della regolarità dei presenti, dell’agibilità igienico-sanitaria delle abitazioni occupate. Come è andata a finire? “Che qualcuno è stato arrestato, quale altro rimpatriato, ma passate poche settimane sono arrivati nuovi ‘affittuari’. La sensazione – afferma la referente del comitato Bella Farnia Mare – è che non si sia mai voluto andare a fondo in questa storia. Qui dentro la comunità indiana ci vive e si è anche organizzata con esercizi commerciali. Ma in questo residence, nelle zone più buie, si spaccia droga, c’è un giro di prostituzione e i rifiuti portano altri rifiuti, perché vengono anche dall’esterno a gettare i sacchetti dell’immondizia qui dentro”.

La signora Comandi ne approfitta per chiede di nuovo al Comune tre cose: il ripristino urgente di un sistema di clorazione dei pozzi, la manutenzione del verde all’interno del consorzio (l’estate scorsa l’erba era alta due metri), maggiori controlli per verificare l’agibilità degli immobili e salubrità degli ambienti anche rispetto al numero degli occupanti, la regolarità delle attività commerciali all’interno del consorzio. “Per i nostri figli qui non c’è futuro”, conclude la signora Comandini, lamentando il fatto che non tutti posso permettersi il lusso di svendere la propria casa, come hanno fatto altri condomini, per incrementare ulteriormente il business degli affitti all’interno di Bella Farnia Mare.