In aula il racconto sul capo scout pedofilo di Terracina, così adescava i bambini

Sono state depositate le motivazioni della sentenza che, lo scorso luglio, ha portato alla condanna a sette anni di reclusione per Simone Di Pinto, l’ex assistente capo scout del gruppo “Terracina 3” della parrocchia di San Domenico Savio. Il giovane, oggi ventenne, è stato ritenuto colpevole di pornografia minorile, stalking, estorsione, violenza sessuale e pornografia virtuale.

Secondo il giudice Angela Gerardi, del Tribunale di Roma, l’imputato avrebbe approfittato del ruolo educativo e del rapporto di fiducia instaurato con i minori per mettere in atto comportamenti predatori e manipolatori. Nella ricostruzione dei fatti, emerge come Di Pinto scegliesse ragazzi molto giovani e vulnerabili, sfruttando la loro inesperienza per ottenere materiale intimo e per sottometterli psicologicamente.

L’inchiesta, condotta dalla Polizia Postale di Latina, ha avuto origine dalla denuncia di alcuni genitori e si è sviluppata nel corso di due anni. L’indagine ha permesso di scoprire che il giovane avrebbe utilizzato un falso profilo Instagram, fingendosi una ragazza di 17 anni di nome Aurora, per entrare in contatto con i minori e convincerli a inviargli foto e video a contenuto sessuale. Successivamente li avrebbe ricattati, minacciando di diffondere le immagini se non avessero eseguito le sue richieste o versato somme di denaro.

Durante le perquisizioni, gli investigatori hanno rinvenuto quasi 300 video pedopornografici nei dispositivi dell’imputato. Tra i reati contestati figura anche una violenza sessuale aggravata nei confronti di un bambino di soli dieci anni. Il giudice ha descritto la condotta di Di Pinto come un “calvario psicologico e fisico” per le vittime, caratterizzato da pressioni, minacce e richieste sempre più esplicite. Per il giovane è stata disposta, oltre alla pena detentiva e alla multa di 26 mila euro, anche la proibizione di avvicinarsi a luoghi frequentati da minori.

Le quattro vittime, di età compresa tra i 10 e i 16 anni, riceveranno un risarcimento di 5 mila euro ciascuna, mentre 2 mila euro andranno alle associazioni che si sono costituite parte civile nel processo.