Inchiesta “Porta Napoletana”, così il clan Licciardi si trapiantò a Terracina: i nomi degli arresti

Un presunto sistema di radicamento mafioso fondato su investimenti immobiliari e attività economiche nel settore della ristorazione e dell’intrattenimento. È questo il quadro delineato dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma nell’inchiesta “Porta Napoletana”, che ha portato a una serie di arresti e misure cautelari anche a Terracina.
Secondo l’accusa, Eduardo Marano e Patrizia Licciardi, esponente dell’omonimo clan camorristico, avrebbero trasferito nel sud pontino capitali e interessi economici già a partire dal 2006, utilizzando imprese e investimenti immobiliari per consolidare la presenza del clan sul territorio. Le indagini ricostruiscono inoltre i rapporti del figlio Gennaro Marano con soggetti della criminalità locale, finalizzati — sempre secondo la Dda — alla gestione di traffici di stupefacenti e di attività imprenditoriali.
Sulla base di questi elementi, il giudice ha disposto le misure cautelari ritenendo sussistente il rischio di reiterazione dei reati e di condizionamento delle attività economiche. In carcere è finito Eduardo Marano; Gavino De Gregorio e Michele Minale sono stati posti agli arresti domiciliari; per Andrea Belviso è stato disposto l’obbligo di firma, mentre Roberto Carocci è stato colpito dal divieto temporaneo di esercitare la professione per un anno.
L’inchiesta punta a fare luce su un presunto sistema di infiltrazione criminale nel tessuto economico del sud pontino, con legami tra imprenditoria, affari illeciti e criminalità organizzata.