Indice di criminalità nel settore agroalimentare del Lazio, Frosinone e Latina al top

Frosinone e Latina vantano il triste primato di collocarsi, rispettivamente, al 15esimo posto assoluto (con un indice del 49,3%) e al 26esimo (indice 43,3%) occupando, in ambito regionale, il primo e il secondo posto.

Presentato a Roma il rapporto

E’ quanto emerge dal quarto Rapporto elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità in agricoltura e nel sistema agroalimentare presentato questa mattina a Roma in un convegno con Giancarlo Caselli, i ministri Andrea Orlando e Maurizio Martina, il presidente dell’Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone, il presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi, il segretario generale e il presidente della Coldiretti, Vincenzo Gesmundo e Roberto Moncalvo.

La classifica

L’indice di Organizzazione Criminale (IOC) elaborato dall’Eurispes rappresenta la diffusione e la intensità, in una data provincia, del fenomeno. Ebbene, Frosinone si colloca al 15esimo posto assoluto (con un indice del 49,3%) e Latina al 26esimo (indice 43,3%) occupando, in ambito laziale, il primo e il secondo posto. In vetta alla classifica nazionale figura Ragusa (indice 100%) seguita al secondo e terzo da Reggio Calabria e Napoli. L’indice, per completare il quadro relativo alla regione Lazio, scende sulle piazze di Viterbo (29,1%), Roma (26,7%) e Rieti (19,6%) che si collocano nella fascia media della graduatoria nazionale. Il Rapporto ha offerto anche il quadro delle aziende e dei beni immobili sequestrati/confiscati alle agromafie.

I sequestri

In Italia (dati Agenzia nazionale Amministrazione e Destinazione beni sequestrati e confiscati) gli immobili sottratti ai sodalizi criminali che operano nell’agroalimentare sono stati, al 30 settembre del 2015, 17.577. Nel Lazio sono stati 1.170. Le aziende sequestrate in Italia sono state 3.187. Nel Lazio sono state 410. Il business delle agromafie vale oltre 16 miliardi di euro. Il valore totale dei sequestri eseguiti nel 2015 dai carabinieri del Nas è stato di 436 milioni di euro (il 24% nella ristorazione, il 18% nel settore carni e salumi, l’11% in quello delle farine, pane e pasta). Nel 2015 i militari del Nas hanno chiuso 1.035 strutture operanti nel settore agroalimentare, sequestrando 25 milioni di prodotti alimentari adulterati, contraffatti, scaduti o carenti nella etichettatura e rintracciabilità.

 

Le infiltrazioni del crimine

I clan criminali controllano i processi produttivi e i canali di distribuzione dei prodotti contraffatti e falsificati che vengono però spacciati come autentico Made in Italy a scapito dei consumatori. Attraverso estorsioni e intimidazioni, impongono agli esercizi commerciali la vendita di determinate marche e determinati prodotti, si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato, soffocando l’imprenditoria onesta, compromettendo la qualità degli alimenti che finiscono sulle tavole dei consumatori. Ma le mafie incidono anche sulla formazione dei prezzi, ad esempio, dell’ortofrutta, con distorsioni e speculazioni dovute alle infiltrazioni nelle attività di intermediazione e trasporto.

La proposta di riforma legislativa

Il ministro Orlando, nel suo intervento, ha condiviso l’urgenza di un adeguamento del regime sanzionatorio dei reati agroalimentari, materia sulla quale l’Osservatorio ha elaborato una proposta di riforma legislativa in 49 punti. “È urgente la riforma della normativa a tutela dell’agroalimentare. Quello che oggi è il più apprezzato patrimonio italiano nel mondo – commenta David Granieri, presidente della Coldiretti del Lazio – non può essere appannaggio delle mafie e deve invece restare sotto il controllo esclusivo delle imprese agricole sane che producono e vendono qualità nella legalità e concorrono sempre più significativamente alla formazione del Pil regionale”