La testimonianza preziosa di Liliana Segre violata in nome di cosa?

Liliana Segre

Ho aspettato, anche questa volta, per scrivere di Liliana Segre. Ho aspettato perché non riesco a capacitarmi. Non riesco a capire come sia possibile non votare l’istituzione di una commissione contro l’odio. Il titolo esatto è questo “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza e razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza”.

Come sia possibile che una donna che ha vissuto l’olocausto, che è sopravvissuta, possa ricevere messaggi di odio, proprio quelli che vuole eliminare, perché nulla come quello che è accaduto durante la seconda guerra mondiale possa mai più accadere. Perché mai più nessuno debba sopportare quello che lei ha vissuto sulla sua pelle. Che porta, come testimonianza umana, marchiato a fuoco sulla sua pelle. Il suo volto, la sua testimonianza, è una ricchezza per tutta l’umanità.

La motivazione che chi si è astenuto ha portato avanti è che la mozione fosse contro il nazionalismo. Nazionalismo è una parola che richiama l’orrore dell’olocausto, non possiamo evitare di dirlo. Perché dalla sua estrema interpretazione in Germania, legata al concetto di razza, è nata l’ideologia nazista.

Ha però anche un altro significato, espresso in maniera molto semplice da Francesco Tuccari nell’Enciclopedia dei ragazzi: è quello che “riconosce nel sentimento nazionale un veicolo irrinunciabile di identità e di solidarietà tra i membri di un popolo e afferma il diritto delle nazioni ad avere un’esistenza riconosciuta sul piano storico-politico”.

E allora qual è il nazionalismo che Segre intende combattere? Non c’è alcun bisogno di rispondere a questa domanda. Se ce ne fosse, comunque, la risposta è chiara leggendo la mozione. Nel punto in cui nella definizione degli “hate speech” che si vogliono arginare in quanto sempre più diffusi nella società e pericolosi, si dice che per il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa il termine “copre tutte le forme di incitamento o giustificazione dell’odio razziale, xenofobia, antisemitismo, antislamismo, antigitanismo, discriminazione verso minoranze e immigrati sorrette da etnocentrismo o nazionalismo aggressivo”.

E’ il nazionalismo aggressivo quello che si vuole combattere. Quello che esalta il valore “assoluto” della nazione, che afferma l’idea della superiorità di alcune nazioni su altre nazioni, che ritiene legittimo il dominio delle nazioni “superiori” su quelle “inferiori”.

C’è un passaggio di un’intervista rilasciata da Liliana Segre in cui racconta uno dei momenti peggiori, forse, vissuti nel campo di concentramento. Era un’adolescente e aveva un ascesso sotto un’ascella. In infermeria una donna “terribile” lo ha asportato con delle forbici, senza anestesia, senza darle alcun antibiotico o antidolorifico. Dicendole soltanto di non svenire che non l’avrebbe aiutata. Così, sola al mondo, è tornata nella sua baracca. Qui un’altra donna l’ha vista disperata e ha tirato fuori un fazzoletto lercio in cui conservava una buccia di carota. Tutto quello che aveva, forse la differenza tra la vita e la morte. E l’ha data a lei. Un gesto di umanità in un posto che di umano non aveva più nulla. Un gesto che la signora Segre non ha mai dimenticato. Che ha riportato una luce in quello che poteva essere considerato molto peggio dell’inferno.

Non penso potrò mai capire quello che è avvenuto in Senato qualche giorno fa. Tutto quello che è scritto nella mozione della Commissione contro l’odio dovrebbe far parte di un paese che ha vissuto quei momenti, che li ha combattuti, che è tornato alla democrazia. Invece quei valori, li vedo vacillare.