Lago di Paola, acque agitate da una “faida” di famiglia

La copertina di una raccolta di documentazioni e fotografie storiche redatta dall'avvocato Giulio Scalfati

Ci risiamo: un’altra bega di famiglia sulle acque del lago di Paola. Se non fosse per la bellezza del luogo immerso nel Parco nazionale del Circeo la notizia non avrebbe alcun interesse pubblico. E invece ancora una volta ci troviamo ad occuparci di una delle proprietà più controverse d’Italia. Abbandonate le sentenze definitive sulla natura di quel lago chiamato Paola, “un nome femminile che esprime un sentimento d’amore”, scriveva Giulio Scalfati sul finire degli anni Novanta Giulio Scalfati prima della sua dipartita, l’intrigo di famiglia che nel 2007 portò gli eredi Anna e Alfredo Scalfati, figli di Giulio, ad uno scontro frontale prima di trovare un accordo nel 2011, oggi riesplode in tutta la sua stravaganza.

Anna, ex giornalista Rai, proprietaria di maggioranza del “bene ambientale già protetto da direttive comunitarie e da circa trecento anni sede della più antica attività imprenditoriale di pesca del Centro Sud”, denuncia “una divisione in lotti quasi fosse un residence o una multiproprietà” e rivendica di aver difeso il lago e le sue sponde dall’aggressione di un porto abusivo per 1300 barche e dal tentativo di fare uscire scafi di 40 metri dall’antico canale augusteo che dal lago giunge al mare”. A chi conosce un po’ le vicende di Sabaudia non risulterà difficile cerchiare la citazione attorno al fratello Alfredo. Ma è storia del passato e lo sa anche Anna che tuttavia la ributta lì.  “Mi sento come quel giurista turco che dice di volere mettere il suo sapere al servizio del Paese – afferma la giornalista -; ecco io sento il dovere di mettere la mia capacità di comunicare al servizio di tutti quegli imprenditori che decidono di togliersi la vita perché non riescono ad affermare i loro diritti. Come può un’azienda ittica essere divisa in lotti? E come è possibile – si chiede ancora – che una minoranza della proprietà superi la evidente impossibilità di frazionare un’attività economica tradizionale che, tra l’altro, ha garantito in questi anni la tutela del bene? E ne determini in cinquanta giorni il blocco totale delle attività e la perdita di posti di lavoro? Come è possibile che in provincia di Latina un’azienda che funziona chiuda i battenti a seguito di una aggressione che ne vanifica il prestigio e i progetti?”. Quando Anna parla di minoranza della proprietà, è bene chiarirlo, si riferisce al sangue del suo sangue. Dunque, l’aggressione questa volta la starebbero mettendo in atto qualche suo figlio e/o suo nipote, figlio di Alfredo, che nel loro insieme hanno ereditato dal nonno Giulio un terzo della proprietà. Ma Anna non scende nei dettagli, rinvia l’approfondimento indicendo una conferenza stampa per mercoledì 27 giugno alle 11.30, presso il Circolo Cittadino di Latina. La sua verità è affidata ad una nota stampa in cui appunto denuncia la divisione in lotti della proprietà, la cui quota maggioritaria è nelle sue mani, che avrebbe già comportato la chiusura delle attività nel “silenzio” e in 50 giorni. Anna afferma di essersi rivolta alle forze dell’ordine e ai giornali denunciando una “vera e propria estorsione”. Occhio alla calunnia oltre alla diffamazione, verrebbe da dire. Ma…

“Se ti dicono – afferma Anna Scalfati- che, ‘o firmi o ti distruggiamo’ e in ballo non c’è la proprietà di un terreno agricolo o di una villa al mare ma l’unità della antica Azienda Vallicola del Lago di Paola, con tutte le sue attività e la sua storia centenaria, storia del territorio e storia personale di battaglie per la tutela. Se dietro a tutto ciò, ancora una volta, c’è un tentativo di impossessarsi di porzioni di quell’area che da duemila anni non ha modificato il suo profilo… Se ancora una volta si sente il vuoto intorno ed è chiaro che le mafie non uccidono più in modo tradizionale ma ti fanno morire in silenzio…Se accade questo, bisogna alzare la voce. Raccontare e denunciare tutto, senza timore”. Anna, dunque, non ha dubbi: dietro la “lottizzazione” – passateci il termine – ci sarebbe la mafia pronta ad estorcerle una firma o a farla morire in silenzio. E non ci sta. Vuole denunciare perché le attività gestite finora attraverso una comunione ereditaria adesso sono nelle sue mani, “per la prima volta, da un mese, nelle mani di una donna” e lei vuole farcela ad ogni costo.

Pronta la replica di suo nipote Saverio Scalfati, figlio del fratello Alfredo. Giusto appunto uno dei proprietari di minoranza.: “La proprietà del Lago di Paola – nonché degli immobili una volta facenti parte dell’azienda ittica – è stata oggetto nel 2007 di lascito testamentario dell’avvocato Giulio Scalfati (nonno di Saverio, ndr), che l’ha assegnata pro quota ai suoi eredi: ai due figli, Anna ed Alfredo, per un terzo ciascuno, e ai quattro nipoti, per un dodicesimo ciascuno. Nel 2011, la quota di Alfredo Scalfati è stata liquidata e, pertanto, la proprietà è rimasta in capo ad Anna Scalfati, per il 50%, ai suoi tre figli e a suo nipote (Saverio, che replica alla zia, ndr), per il 12,50% ciascuno. Nel maggio 2018, a seguito di un cambio nel management della società che amministra il lago, due coeredi di minoranza hanno deciso di sciogliere la comunione ereditaria che si era formata, depositando un atto di citazione presso il Tribunale di Roma, con allegata una proposta di divisione. Tale proposta, che sarà vagliata dal giudice nel corso del procedimento, prevede che il lago, in quanto bene chiaramente indivisibile, resti assegnato – preferibilmente e per intero – alla quota maggiore, come previsto dal Codice Civile. Ossia, si propone che venga assegnato alla quota di Anna Scalfati. Il progetto prevede, infine, che agli altri condividenti con quote minori vengano assegnati altri beni, estratti a sorteggio per garantire l’imparzialità nelle assegnazioni. Ciò avviene comunemente e legittimamente, ogni volta che si procede allo scioglimento di una comproprietà, della quale, per diritto, ogni comproprietario ha sempre diritto di richiedere l’assegnazione della propria parte”.

“Per quanto concerne le attività svolte dall’azienda – precisa Saverio Scalfati -, la chiusura di alcune di esse dipende esclusivamente dal cambio di management, che evidentemente non è stato in grado di gestirle o di farle funzionare”.

Il problema della chiusura dei ristoranti e di altre attività sarebbe stata determinata dall’impossibilità di volturare le autorizzazioni per effetto di assenza di requisiti – le attività erano collegate ad azienda di tipo agricolo – da parte del soggetto subentrante.

Saverio archivia la pratica come una storia “di normali dinamiche aziendali e familiari” sulle quali sua zia starebbe “cercando di attirare attenzione millantando fantasiose pressioni mafiose o criminali, al solo scopo di raggiungere il proprio obiettivo, ossia schiacciare i sacrosanti diritti della minoranza ed ergersi a padrona di tutto”.

In famiglia Scalfati volano gli stracci. Ma i panni sporchi non si lavavano in casa?

“Il lago di Paola è al sicuro – conclude Saverio -, così come lo è stato in questo ultimo decennio, nel quale è stato amministrato anche dal sottoscritto valorizzandone le componenti ambientali e produttive. Non c’è in corso alcun tentativo di impossessarsi di alcunché, ma solo la legittima volontà di alcuni comproprietari di minoranza di ricevere la propria porzione di beni lasciata loro dal nonno”.