Latina, l’altra verità sull’Abc. La nota del gruppo consiliare del Pd

Enrico Forte e Nicoletta Zuliani

E’ “il momento sbagliato” dice il Partito democratico. All’indomani della conferenza stampa indetta dall’amministrazione comunale di Latina Bene Comune per smussare quelle che sono apparse criticità sull’Abc, a seguito di un avvio tumultuoso del servizio, di una richiesta di informazioni da parte dell’Anac, di una raffica di rilievi mossi dal Collegio dei Revisori dei Conti del Comune di Latina, di pesanti interrogativi posti al Governo da parte del senatore Maurizio Gasparri, il gruppo consiliare del Pd, rappresentato da Nicoletta Zuliani ed Enrico Forte, torna alla carica sull’argomento azienda speciale. Si tratta di un tema sul quale l’amministrazione comunale, guidata dal sindaco Damiano Coletta, ha investito moltissimo nonostante i dubbi di legittimità dell’operazione, sollevati da più parti e finite all’attenzione del Tar in un ricorso che sarà discuss il 22 febbraio 2018. E’ tutto regolare, è tutto legittimo come confermato da due pareri legali richiesti ad eccellenti cattedratici, hanno detto ieri i rappresentanti dell’amministrazione Coletta. Una versione, quella della maggioranza, che non ha convinto il Partito democratico, nella sua componente che siede nel Consiglio comunale di Latina. Forte e Zuliani spiegano il perché, tornano a ripetere perché l’”affascinante” idea di affidare il servizio rifiuti ad un’azienda comunale non poteva essere perseguita ora e a Latina. Di seguito una lunga nota del gruppo consiliare del Pd.

 ABC: il momento sbagliato

Nonostante l’idea di gestire in proprio i servizi più vicini alle persone sia certamente condivisibile, il gruppo del Partito Democratico ha considerato le condizioni di estrema sofferenza della macchina amministrativa della città che, oltre ad essere fortemente sottodimensionata, ha recentemente dovuto rispondere a ben 9 inchieste giudiziarie sottoponendo l’Ente ad uno stress organizzativo e ad una pesante revisione. A questo dato di forte carenza, si va ad aggiungere una classe dirigente alle primissime armi e che ha più volte chiesto alla cittadinanza di avere pazienza proprio a causa della propria inesperienza.

Questi due elementi erano fortemente pregiudizievoli e costituiscono un pesante fardello sulle spalle dell’Azienda Speciale sulla quale nutriamo anche seri dubbi in merito alla fattibilità: la legge Madia, la cui ratio non prevede per gli Enti che hanno visto una propria società fallire la possibilità di costituirne una nuova a totale capitale pubblico, potrebbe infatti mettere un veto. L’amministrazione si nasconde dietro le parole l’in-house e Azienda Speciale, ma di fatto sono entrambe a totale capitale pubblico, e quello che la legge vuole evitare è proprio che un Ente che ha visto fallire una propria società ripeta l’esperienza fallimentare a totale carico dei cittadini. Indica perciò un’attesa di almeno 5 anni prima di poterne costituire un’altra.

E questo era il tempo che serviva alla nostra amministrazione e alla classe politica per garantire un percorso sicuro e solido.

La macchina amministrativa oggi

Le condizioni della nostra macchina amministrativa sono addirittura peggiorate dall’inizio della consiliatura con importanti defezioni di personale qualificato, perdita di know-how e conseguente perdita di memoria storica di importanti atti amministrativi.

Il lavoro iniziale di analisi del personale dell’ex assessore Costanzo si è praticamente arenato e il Piano Triennale delle Assunzioni in poco tempo è stato modificato ben dieci volte, segno evidente di totale mancanza di programmazione e di un percorso certo.

Una scelta da costruire

Questa situazione di indefinitezza e di forte deficit di personale coniugata con l’inesperienza politica degli amministratori di governo non avrebbero garantito, secondo noi, basi solide ed affidabili per un esito positivo e soprattutto sicuro per le casse del Comune.

L’esternalizzazione del servizio avrebbe garantito una immediata efficienza del servizio, il rispetto del mercato e fella legge Madia a fronte del fallimento della partecipata, ma soprattutto l’autonomia necessaria all’Ente di poter agire unicamente sul fronte del controllo per il rispetto del capitolato, senza rischiare in proprio, anzi sanzionando il concessionario del servizio qualora si fossero presentate inadempienze. Siamo oggi invece nella condizione di dover sperare che tutto fili liscio, o a fronte di perdite, saranno i cittadini a ripianare oi buchi dell’azienda.

Un percorso accidentato

Non tranquillizzano gli approfondimenti richiesti dall’ANAC né i rilievi fatti dal collegio dei revisori riguardo alle operazioni con riflesso sul bilancio e all’iter procedurale di cui segnalano modalità non corrette.

Neanche ci sentiamo rassicurati dalle parole pronunciate dal sindaco Coletta e i suoi collaboratori che non hanno fatto altro che confermare la loro scelta invece che di corroborarla con documenti, fatti certi ed un bilancio chiaro, conosciuto e condiviso.

La fretta ha dettato le scelte e la fretta sta soffocando gli uffici di bilancio e ragioneria che lavorano quasi esclusivamente per ABC tralasciando tutto il resto. L’ABC sta risucchiando tutte le poche forze e risorse di tempo, di personale e di lavoro che già non erano sufficienti per l’ordinario.

Ormai l’ABC esiste e non è più concesso operare con leggerezze o con percorsi decisionali non condivisi o non trasparenti. L’ufficio Ambiente non risulta essere mai stato coinvolto nella redazione dello Schema di Contratto né di tutto il processo di costituzione dell’ABC. La Commissione Bilancio convoca unicamente per obblighi di legge su atti di Consiglio lasciando i consiglieri senza luogo di confronto né possibilità di contributo rispetto a temi centrali come il PEF della nuova azienda, le modifiche che interverranno a causa di fatture dagli importi da capogiro arrivate dalla RIDA Ambiente o le relazioni dei revisori che segnalano incongruenze.

Condividere le decisioni

Troppo spesso vengono affidate a tavoli e a conferenze stampa le notizie riguardo alle scelte fatte dall’amministrazione lasciando alle Commissioni l’analisi di questioni marginali: la questione delle scuole paritarie, ad esempio, non è mai approdata in Commissione mentre lo studio delle varie possibilità e l’audizione delle parti interessate doveva trovare in quella sede istituzionale la propria normale collocazione e il proprio percorso decisionale partecipato come stabilito dalla legge. I tavoli non sono presenti nel nostro Statuto né tanto meno sono regolamentati: semplicemente non esistono come strumento né di governo, né politico, né di partecipazione.

C’è bisogno di credere di più nella democrazia e lasciarla vivere nei luoghi che la garantiscono come le Commissioni Consiliari, il Consiglio Comunale, le Consulte e tutte quelle forme che il nostro Statuto prevede ma che stentano a partire.

Credere nella democrazia significa anche non doversi difendere dalle proposte altrui, ma saperne cogliere l’opportunità per tutta la collettività.

 

Gruppo consiliare PD