Lavoro femminile, grosse disparità in provincia: donne indietro di 220 anni

La provincia di Latina si conferma un territorio in cui il lavoro femminile è ancora segnato da forti disparità e condizioni di precarietà. I numeri che emergono dal dossier della Uil del Lazio e dell’istituto di ricerca Eures, che analizza il periodo 2019-2023, non solo smentono qualsiasi visione ottimistica sulla crescita occupazionale senza una lettura approfondita della sua qualità, ma il rischio è quello che, se le politiche del lavoro non dovessero cambiare, bisognerà aspettare circa 220 anni per colmare il grande gap.

Riprendendo quest’ultimo punto, uno dei dati più allarmanti riguarda il Gender Pay Gap, che nel 2023 ha visto le lavoratrici del settore privato percepire una retribuzione lorda media annua di 15mila euro, circa 6mila euro in meno rispetto ai 22mila euro dei colleghi uomini. Sebbene il divario si sia leggermente ridotto di 147 euro rispetto al 2019, il ritmo del cambiamento è così lento che, se le politiche per il lavoro non cambiano, ci vorranno 220 anni per raggiungere una piena parità salariale.

Garullo e Toselli della UIL Latina

La situazione delle lavoratrici pontine è aggravata dalla precarietà contrattuale, la più alta del Lazio: il 38,7% delle donne impiegate nel settore privato ha un contratto atipico, contro il 29,5% degli uomini. Inoltre, la crescita del lavoro atipico tra le donne è stata molto più marcata (+3,2%) rispetto a quella maschile (+0,6%). Di conseguenza, chi ha un contratto precario percepisce una retribuzione media annua di poco più di 9mila euro, meno della metà di chi ha un contratto stabile (19mila euro).

Altro elemento critico è la diffusione del part-time, che coinvolge il 59,5% delle lavoratrici del settore privato, una percentuale molto più alta rispetto alla media regionale (47,9%) e ben superiore a quella maschile (28%). Questa modalità lavorativa si traduce in una retribuzione annua media di 9mila euro, accentuando ulteriormente il divario economico.

Anche sul fronte delle posizioni dirigenziali, la disparità è evidente. Sebbene il Gender Pay Gap tra dirigenti si sia quasi azzerato (da 3mila euro a 40 euro tra il 2019 e il 2023), le donne dirigenti restano poche: rappresentano solo il 26,6% del totale (121 su 455). Leggermente migliore è la situazione tra i quadri, con una presenza femminile salita al 38,5% (dal 31,8% del 2019), anche se il divario retributivo è aumentato.

Nel settore pubblico, dove le donne sono la maggioranza (60,2% contro il 39,8% degli uomini), il divario retributivo è ancora più marcato, raggiungendo nel 2023 gli 11.122 euro annui, con un aumento di circa 1.500 euro rispetto al 2019. Inoltre, la precarietà è in crescita anche qui: il 27,4% delle lavoratrici ha un contratto a tempo determinato, contro il 4,9% degli uomini.

“Lavoro atipico, lavoro part time – dice Francesca Toselli, della Uil di Latina – relegano le donne in una condizione di marginalità nel mercato del lavoro dalla quale è quasi impossibile sottrarsi. Ma l’impegno di tutte le persone che animano il nostro sindacato sarà incessante fin quando questo stato di cose non sarà superato e ogni ostacolo rimosso”.