Omicidio di camorra a Terracina, il commando armato tradito dalla Fiat Punto: quattro arresti dopo cinque anni

La scena del delitto

Quattro arresti per l’omicidio di camorra avvenuto a Terracina il 23 agosto 2012. Determinanti ai fini della svolta di oggi gli accertamenti della Polizia di Stato del locale commissariato effettuati nell’immediatezza dell’uccisione di Gaetano Marino, fratello di Gennaro detto ‘O Mckey detenuto in regime di 41 bis, le successive intercettazioni ambientali e telefoniche disposte a carico dei sospettati e le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, che poi hanno confermato e rafforzavano le risultanze investigative, fornendo all’autorità giudiziaria un grave quadro indiziario a carico di Arcangelo Abbinante, 27enne ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio, Giuseppe Montanera, 41enne componente del commando, il 50enne Carmine Rovai e Salvatore Ciotola, di 55 anni, che avrebbero fornito un supporto logistico. Tutti e quattro sono finiti in carcere in forza di ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip di Roma su richiesta della Direzione distrettuale antimafia per omicidio in concorso, con le aggravanti di aver agito con premeditazione e con metodo mafioso.

Ad eseguire gli arresti gli agenti delle Squadre Mobili di Roma e Latina e del commissariato di Polizia di Terracina. I dettagli delle investigazioni confluite nell’operazione di polizia giudiziaria effettuata oggi ricostruiscono la dinamica dei fatti del delitto maturato nella cosiddetta faida di Secondigliano tra gli “scissionisti”, che vedeva il gruppo degli Abbinante-Notturno-Aprea-Abete opposto alle famiglie Magnetti-Petriccione, legate al clan Vanella – Grassi. In quel momento era in atto una contrapposizione armata, condotta senza esclusione di colpi, dei Vanella-Grassi per il controllo della piazza di spaccio del rione Case Celesti, feudo dei Marino.

Gaetano Marino, 48enne all’epoca dei fatti nonché camorrista reggente del feudo Marino, fu colpito a morte da undici colpi di pistola calibro 9 davanti allo stabilimento balneare “Sirenella” sul lungomare Circe. Era in spiaggia con i suoi famigliari quando ad un tratto si allontanò per raggiungere la strada in compagnia di un’altra persona, successivamente identificata quale Raffaele Iavazzi, indagato per favoreggiamento a seguito della versione poco chiara fornita nell’immediatezza e poi tratto in arresto. Il 48enne proprio davanti all’ingresso del lido fu attinto da tre colpi al tronco, successivamente, da altri otto colpi, esplosi a distanza ravvicinata e in rapida successione. Le perizie stabilirono che fu utilizzata una sola arma.

La Polizia di Stato, subito intervenuta, appurò attraverso le prime testimonianze che Marino si trovava a Terracina, in vacanza con la sua famiglia, già da diversi giorni, e che poco prima del delitto era stato Iavazzi a farlo allontanare dalla spiaggia. La Polizia accertò che sulla strada al momento dell’omicidio vi era un’autovettura Fiat Grande Punto in doppia fila con a bordo due uomini e poco più avanti una Fiat Punto parcheggiata di traverso in viale Circe in modo tale da non consentire il passaggio: dalla Fiat Grande Punto era sceso l’esecutore che esplodeva i molteplici colpi all’indirizzo di Marino, per poi fuggire con l’autovettura; la Fiat Punto invece, all’esito dell’uccisione, dopo avere posto in essere una repentina manovra a retromarcia, che danneggiava diversi ciclomotori ivi parcheggiati, era ripartiva in direzione Roma.

La Fiat Punto fu ritrovata a Terracina il giorno seguente nei pressi dell’abitazione di Carmine Rovai, il quale, pur avendo nella disponibilità il mezzo, lo aveva prestato al suo amico Salvatore Ciotola. La prima svolta nelle indagini: alla luce del fatto che Rovai, Ciotola e il proprietario della Fiat Punto, erano soggetti legati ai clan di Secondigliano venne intrapresa la pista investigativa secondo cui il movente era da inquadrare nella faida di Secondigliano. I riscontri investigativi, concretizzatasi nella successiva attività tecnica di captazione delle conversazioni, ambientali e telefoniche, consentirono di far emergere evidenti incongruenze con quanto riferito in sede di verbalizzazione e che non lasciarono dubbi circa l’utilizzo della vettura da parte di Ciotola, facendo trasparire, altresì, la consapevolezza che il predetto fosse presente sul luogo dell’omicidio. Le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, poi, confermarono e rafforzarono le risultanze investigative.

Individuati gli occupanti della Fiat Punto, dalle analisi incrociate degli elementi a loro carico, è stato quindi possibile agli inquirenti risalire anche agli occupanti della Fiat Grande Punto: Arcangelo Abbinate e Giuseppe Montanera, referente della famiglia Abbinante il primo, colui il quale in base alla ricostruzione avrebbe esploso i colpi che uccisero Marino, e referente della famiglia Abete-Notturno che avrebbe partecipato al commando.