Omicidio di Willy, in centinaia ai funerali. Il racconto del gestore di un pub di Giulianello

Oggi è il giorno più triste dopo l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, a Colleferro. E’ il giorno dell’addio, nel campo sportivo di Paliano, dove sono stati celebrati i funerali del 21enne pestato a morte dai fratelli Marco e Gabriele Bianchi, Mario Pincarelli e Francesco Belleggia nella notte tra il 5 e il 6 settembre.

Willy “si è sacrificato sulla croce come un giovane Cristo. Per amore dell’amicizia, che deve essere d’esempio a chi vede come vita il culto della forza della violenza” – ha detto monsignor Parmeggiani, vescovo di Tivoli e Palestrina, nell’omelia per il giovane ucciso davanti ad una folla commossa di centinaia di persone. Maglie bianche per i funerali di Willy e tante autorità, tra le quali anche il premier Giuseppe Conte e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti.

Nel frattempo da Cori è arrivata un’altra testimonianza dell’atteggiamento dei giovani che hanno ucciso Willy: un gruppo che si muoveva come un branco, spavaldo e arrogante. A raccontarlo su facebook è stato Stefano Sorci, gestore di un pub a Giulianello dove erano stati ad inizio estate. Sono parole piene di rabbia e di sconforto, ma anche di grande stima per Willy. Il post ha ricevuto circa 20mila condivisioni.

“Ho servito le birre come nulla fosse – scrive ad un certo punto il gestore di “Macellerie sociali” – e ricordo bene l’espressione di quello che ha messo mano al portafogli e mi ha chiesto “quant’è”, senza il punto di domanda e senza guardarmi. La stessa espressione che rivedo in ogni post di questi giorni.
Hanno bevuto, hanno fatto casino, hanno brindato, hanno ruttato, e sono ripartiti sgommando col Suv, come cani che hanno appena pisciato su un territorio nuovo e se ne vanno soddisfatti.
Ho chiuso a chiave e mi sono diretto a casa, ho iniziato a tranquillizzarmi soltanto lì.
Ho pensato con rabbia alla mia vigliaccheria, al mio non aver proferito parola, al mio averli serviti con educazione mentre mi mancavano palesemente di rispetto in casa mia, e anche al fatto che avevano la metà dei miei anni.
Ho pensato che avevo soltanto chinato il capo davanti alla prepotenza.
Poi ho sperato di non vederli più, perché se fossero tornati non avrei sicuramente reagito neanche la seconda volta, e ho pensato che avevo avuto paura. Semplicemente. Tristemente.
Oggi, ripensandoci alla luce dei fatti recenti, forse non me ne vergogno più, provo solo una stima enorme per Willy e per la sua sterminata mole di coraggio racchiusa in uno scricciolo d’uomo”.