Sabaudia, Cas chiuso a Bella Farnia Mare ma l’acqua resta vietata

Una notizia bella e una brutta per il comitato spontaneo Residence Bella Farnia Mare: il Cas è stato chiuso, l’acqua resta vietata.

Non è dato sapere il giorno esatto in cui è stato dato seguito al provvedimento di revoca dell’autorizzazione per il Centro di accoglienza straordinaria, all’interno del complesso immobiliare alle porte di Sabaudia, per assenza di requisiti, oggetto di un esposto presentato ad inizio luglio dalla presidente del comitato, Annalisa Comandini, ai ministri dell’Interno e dell’Ambiente, rispettivamente Matteo Salvini e Sergio Costa, oltre che a Prefettura, Comune, forze dell’ordine, autorità giudiziaria.

“Certo è che la chiusura e il trasferimento degli ospiti è avvenuta nei giorni di Ferragosto dopo che la Prefettura si è mossa – ha commentato Comandini – grazie all’esposto del nostro comitato. Abbiamo notato porte e finestre stranamente chiuse per giorni di fila e poi ci siamo informati presso la Polizia Locale che ha confermato l’avvenuto sgombero”.

Per il comitato però una rondine non fa primavera nel percorso di ripristino di legalità e di decoro all’interno dello sfortunato residence, ex lottizzazione Somal, di Sabaudia.

Nato come centro di villeggiatura, il complesso immobiliare è stato oggetto di riciclaggio di capitali illeciti e poi tra un sequestro e l’altro gli appartamenti sono stati “affittati”, a partire dagli inizi degli anni Duemila, a cittadini stranieri, quasi tutti di nazionalità indiana. Il comitato ne ha contati circa mille, un numero che rende “gli italiani (143) minoranza etnica ghettizzata”, sostiene Comandini.

Il degrado in cui versa il residence è storia ormai decennale, tra spaccio, prostituzione, immigrazione irregolare testimoniati dal bilancio dei blitz delle forze dell’ordine che si sono susseguiti nel tempo. E’ noto anche che le diverse anime al suo interno sono “costrette” a convivere a fatica.

Nel 2017 il sindaco Giada Gervasi ha emesso un’ordinanza di divieto dell’uso di acqua degli unici due pozzi presenti (le 400 abitazioni non sono collegate alla rete idrica) a seguito di una nota della Asl di Latina che segnalava la presenza di batteri coliformi, comunemente associati alla presenza di residui fecali nelle acque. “Giusto provvedimento – afferma oggi Comandini che da due anni cucina la pasta con l’acqua acquistata in bottiglia -, ma possibile che in due anni il Comune non abbia messo in atto azioni finalizzate al ripristino della potabilità dell’acqua? A che punto siamo è difficile saperlo, visto che abbiamo fatto richiesta di accesso agli atti senza avere risposte e per questo ci siamo rivolti anche all’Autorità nazionale anticorruzione”.

Il comitato, nato per il miglioramento della qualità della vita all’interno del residence e per la tutela delle abitazioni soggette a svalutazione immobiliare, nel tempo ha affinato le armi. “Prima i nostri esposti si perdevano, ora mandiamo tutto per pec. Confidiamo in un intervento della Procura della Repubblica anche per la vicenda dell’acqua, bene primario per l’umanità”, ha concluso Comandini, che ai politici di turno manda a dire che al di là delle sporadiche “visite del dottore”  di loro non c’è traccia: “Il comitato anche sulla vicenda del Cas ha dovuto fare tutto da solo”.