Carola senza reggiseno, la giornata “libera” e il buon costume

carola

Carola Rackete non portava il reggiseno in conferenza stampa, dopo essere stata sentita in Procura. Ad accorgersene qualche utente del web più “attento” e ovviamente “contrario” che in nome del “buon costume” ha preso a pretesto anche il modo di vestire della ragazza per aggredirla e renderla quanto più possibile ridicola. Perché così si indebolisce il nemico.

A riprendere la cosa, però, un giornale nazionale, Libero, che ha dato a Carola anche della “sfrontata” per essersi presentata “in quel modo” davanti ai magistrati.

La cosa a qualcuno può far sorridere, perché ne lasciamo passare davvero tanti di commenti buttati là per deviare l’attenzione, ma a me indigna. Mi ha fatto subito pensare a chi ancora è convinto che le donne che vestono in maniera sexy, con una gonna un po’ più corta magari, possano spingere l’uomo alla violenza.

Impossibile far cambiare idea a chi, pure in genere di larghe vedute, resta fermo su questa posizione. Poi mi sono imbattuta in un articolo in cui venivano mostrati in successione gli abiti indossati da donne che hanno subito violenza sessuale. Alcuni erano assolutamente casti e neanche belli: pantaloni lunghi, vestiti coprenti. Evidentemente altre donne avranno indossato anche altri capi, ma certo non c’è un minore o un maggior rischio. La responsabilità della violenza è di chi la pone in essere. Eppure c’è ancora chi, per un motivo o per un latro vuole dire al genere femminile come vestirsi.

Ancora la donna non è libera di mettere quello che vuole? Due ragazze di Torino hanno così lanciato il #freenipplesday (tradotto: la giornata dei capezzoli liberi), per sabato 27 luglio, per sostenere Carola e la libertà di tutte le donne. “Viviamo un momento in cui, gridando allo scandalo, il dibattito politico viene oscurato da dettagli che puntano a distrarre dai veri contenuti – ha spiegato al quotidiano Repubblica una delle due promotrici dell’iniziativa – e che, allo stesso tempo umiliano, le donne, demonizzando il corpo femminile”.

“Torna il femminismo” hanno gridato spaventati da più fronti, oppure “il femminismo è tutto qui: una giornata senza reggiseno”. Quello di cui ci si deve meravigliare è che alcune donzelle sentano il bisogno di riprendere una battaglia degli anni ’70, in cui le ragazze non mettevano questo indumento, considerandolo uno strumento costrittivo che ricordava troppo da vicino stecche e busti delle passate generazioni. Riprenderla per far sentire la loro voce, per dire “io non ci sto”, non permetterò che si torni indietro invece di fare passi avanti.

Tanti ragionamenti, tante considerazioni che non possono lasciarci indifferenti. Però alla fine dei conti Carola è stata due settimane in mare aperto, poi ai domiciliari a casa di una signora che l’ha ospitata, alla fine è stata sentita in Procura. Nessuno ha pensato che avesse finito i reggiseni puliti o che quella non fosse chiaramente la sua priorità?