Yatch da 10 milioni dalla Tunisia a Gaeta: fu sequestrato a un faccendiere romano

Dalla Tunisia l’hanno riportato in Italia ed è stato ormeggiato a Gaeta: lo yatch da regata “Lulworth”, il più grande cutter aurico del mondo – lungo 46 metri, con un albero di 52 metri e una superficie velica di oltre 1.300 metri quadri – varato nel 1920, è stato recuperato dalla Guardia di Finanza dopo il sequestro nel febbraio 2017 durante l’inchiesta Exodus a carico di un faccendiere romano, Gabriele De Bono. Il valore dell’imbarcazione è di 10 milioni di euro.

L’uomo era titolare di un patrimonio mobiliare, composto da imbarcazioni e auto d’epoca di pregio, tra cui Ferrari, Rolls Royce, Bentley e Jaguar, e immobiliare con lussuose ville nel rinomato quartiere capitolino dell’Olgiata: circa 40 milioni di euro. Il gip del Tribunale di Roma ha disposto l’affidamento dell’imbarcazione in custodia giudiziale alla Guardia di finanza, che la impiegherà per lo svolgimento di attività di addestramento rivolte al personale del comparto navale organizzate dalla Scuola Nautica di Gaeta.

Il natante era stato spostato dal porto Le Grazie di Porto Venere (SP) a quello iberico di Palma di Maiorca (Spagna), da dove era salpato all’inizio del 2017 verso una destinazione sconosciuta. Gli investigatori del G.I.C.O. di Roma sono riusciti a individuarlo nel mese di aprile dello stesso anno, con l’ausilio del II Reparto del Comando Generale del Corpo e del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia del Ministero dell’Interno, presso il porto di Bizerte in Tunisia, dove è rimasto, sotto il controllo e la sorveglianza delle Autorità tunisine, fino a pochi giorni fa.

“Come ricostruito nel corso delle indagini condotte da militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Roma della Guardia di Finanza nell’operazione “EXODUS”, nonostante avesse fittiziamente spostato la residenza dapprima nel Principato di Monaco e poi a Dubai, era a capo di un’associazione per delinquere che ha gestito una pluralità di società, nazionali ed estere, utilizzate per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per oltre 180 milioni di euro – aventi ad oggetto fantomatiche consulenze e prestazioni di servizi – di cui hanno beneficiato imprenditori: italiani, interessati ad abbattere in modo significativo il reddito imponibile e ottenere liquidità da impiegare al di fuori del circuito bancario, ovvero a costituire disponibilità di denaro occulte oltre confine; stranieri (in prevalenza cinesi), che potevano, in tal modo, esportare capitali verso i Paesi di origine evitando il ricorso agli intermediari finanziari abilitati. Per tali fatti, lui ed altri 4 sodali sono stati destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare nel novembre 2018. Il pezzo di maggior pregio dei beni riconducibili al faccendiere – schermati mediante una serie di imprese estere intestate a compiacenti prestanome – è rappresentato proprio dal “Lulworth”, di cui l’imprenditore aveva cercato di far perdere le tracce” – spiega in una nota la GdF.