Tangenti al tribunale di Latina: condanna definitiva per il giudice Lollo

Antonio Lollo

Condanna definitiva per il giudice Antonio Lollo. In questi giorni è arrivata la notifica dell’ordine di esecuzione della Procura di Perugia perché dovrà scontare, ai domiciliari, la pena residua di 2 anni e 10 mesi.

Era il 2015 quando tremò il palazzo di giustizia di Latina, con l’arresto di Lollo e i suoi successivi interrogatori nei quali il magistrato fece i nomi di chi era in qualche modo coinvolto in un sistema che andava avanti da anni.

Il processo a suo carico si è svolto a Perugia per competenza ed era terminato con un patteggiamento a 3 anni e 6 mesi di reclusione.

GLI ARRESTI E LE INDAGINI

Il 20 marzo 2015 furono arrestati il giudice fallimentare Antonio Lollo, ma anche un sottufficiale della Guardia di Finanza in servizio presso la Procura di Latina, un cancelliere dello stesso Tribunaledue commercialisti e un imprenditore. A vario titolo le procure di Latina e Perugia (competente per i reati commessi dai giudici del Lazio) contestarono i reati di corruzione, corruzione in atti giudiziari, concussione, induzione indebita a dare o promettere denaro od altra utilità, turbativa d’asta, falso e rivelazione di segreto nonché all’accesso abusivo ad un sistema informatico e telematico.

Secondo le accuse si trattava di un sistema ben oliato e messo in piedi dallo stesso giudice all’interno del quale i consulenti nominati dal magistrato per le procedure concorsuali, avrebbero corrisposto a Lollo una percentuale del denaro che quest’ultimo liquidava loro. Un sistema che, naturalmente, danneggiava i creditori delle società finite sotto fallimento o concordato. Per “aggiustare” i processi, il magistrato finito in manette insieme ad altre sette persone, secondo quanto ricostruito dalla Procura di Perugia, avrebbe ottenuto circa un milione di euro tra gioielli, viaggi, orologi e denaro.

Sarebbe stato lo stesso Antonio Lollo a suggerire ai liquidatori il modo migliore per far arrivare i fascicoli dei processi sulla propria scrivania. Il metodo? Cambiare la sede sociale dell’azienda, scegliendo Latina, prima di portare i libri in tribunale. I commercialisti finiti nei guai insieme a Lollo, poi, avrebbero cambiato il nome alle società ben sapendo che al giudice pontino spettavano soltanto quelle con il nome che iniziava con le lettere comprese tra A e G.

In oltre 12 ore di interrogatorio divise in due giorni, riempiendo 600 pagine di verbale, Lollo avrebbe fatto nomi e spiegato le modalità del sistema di cui sarebbe stato a capo, non risparmiando al collega Lidia Brutti e ai pubblici ministeri Massimo Casucci e Antonella Duchini, incaricati di ricostruire quanto accaduto, duri commenti sulle proprie azioni. Lollo sa di aver sbagliato: “Pensavo esclusivamente a fare soldi, tradendo tutto quello in cui – avrebbe detto il magistrato – ho sempre creduto, per quanto riguarda la vita”.