L’autore che voglio presentarvi oggi ha un vero e proprio talento nello spaventare i lettori.
E non perché scriva talmente male da farli fuggire! Tutt’altro: è un maestro con le parole ed ha una grande capacità descrittiva. Sa come tenere il lettore inchiodato sulla sedia e farlo saltare all’improvviso , mentre si perde tra le pagine della storia che sta raccontando.
Posso dirlo per esperienza , perché questo è capitato a me leggendo il suo ultimo lavoro.
Vi presento dunque Filippo Semplici : sono sicura che dopo aver preso il tè con lui , morirete dalla voglia di leggerlo.
Benvenuto Filippo. Raccontaci qualcosa di te e di come hai scoperto che scrivere avrebbe fatto per sempre parte della tua vita.
Ciao Clelia.
Innanzitutto ti voglio ringraziare per avermi ospitato nel tuo blog, una gentilezza che non dimenticherò e che ricambierò quando vorrai.
Parlando di me, che dire?
Ho iniziato a scrivere a quattordici anni su una vecchia macchina da scrivere e ricordo il mio primo racconto con imbarazzo; con l’esperienza di oggi, capisco come mai nessun editore lo volesse pubblicare!
A parte questo, non c’è stato un momento preciso in cui ho capito che scrivere sarebbe diventato parte della mia vita, piuttosto la strana consapevolezza che se non lo avessi fatto, sarei stato peggio.
Così ho continuato, finché sono arrivati i buoni risultati, insieme a quelli cattivi, che sono stati nettamente di più!
Il tuo blog “Nero su bianco” è una vera e propria miniera d’oro di consigli e dritte di ogni genere per gli scrittori esordienti : perché mettere a disposizione di chiunque la propria esperienza ? Allora non è vero che viviamo in un’epoca individualista ed egoista?
Sei troppo buona parlando del mio blog. Sul web ne trovi a decine migliori del mio.
E’ qualcosa in cui credo, questo sì, e che ho deciso di far crescere come un figlio. Spero solo di star facendo un buon lavoro.
Perché l’ho fatto?
Perché credo nella condivisione e nel sostegno reciproco. Se noi autori emergenti ci facciamo la guerra gli uni gli altri, risicando o rosicando sui risultati altrui, non faremo che affossarci a vicenda.
Se invece ci teniamo “tutti per mano”, riusciremo a sopravvivere e galleggiare in questo mondo inquinato dell’editoria.
Per questo ho deciso di parlare di quello che conosco, mettendo a disposizione la mia esperienza e uno spazio virtuale per chi vorrà approfittarne.
C’è un momento particolare della tua giornata che dedichi alla scrittura ,oppure prendi appunti come puoi e dovunque ti trovi ?
Scrivo alla sera, dopo cena, dalle nove (se riesco), fino a mezzanotte.
E’ dura, non lo nascondo, perché dopo una giornata di lavoro avrei voglia di riposare. Ma che vuoi farci? La voglia di scrivere è più forte.
Se prendo appunti? Ovunque, e con ogni mezzo: carta e penna, iPhone, registratore vocale.
Quando mi viene in mente un’idea non posso lasciarla scappare solo perché non ho modo di appuntarla. Non me lo perdonerei mai.
C’è un sogno che vorresti veder realizzato o , magari , più di uno?
Uno solo: come dice lo slogan del mio blog, “scrivere per vivere”, ovvero fare della scrittura il mio lavoro quotidiano.
Non ho altro da chiedere alla vita, tranne la salute, s’intende.
Quanto è importante sognare e saper sognare?
Per me è tutto.
Se smettessi di farlo, smetterei di scrivere.
A chi mi critica di fantasticare troppo, o di credere in cose impossibili, faccio sempre lo stesso esempio: oggi il cielo é solcato da aerei di ogni tipo, macchine volanti che Leonardo Da Vinci aveva ipotizzato secoli prima.
A quei tempi ci sarà stato di certo chi avrà pensato “Questo è matto”, ma oggi il suo sogno, la sua Idea, è realtà. Qualcuno l’ha presa e l’ha realizzata.
Ecco perché il sogno è vita.
Bisogna diffidare dall’ipocrisia umana, non dai sogni!
Uno scrittore è un uomo libero?
Be’, dipende.
Dal punto di vista sentimentale non saprei, ognuno sceglie la sua vita.
Dal punto di vista professionale credo che scrivere rappresenti la libertà, in un certo senso, ma anche una condanna, perché non riesci più a farne a meno.
E’ una prigione dorata in cui non ti manca nulla, vivi bene, ma ne sei comunque prigioniero.
La scrittura è più magia o più mestiere?
Non apprezzo la scrittura esercitata solo per “mestiere” perché l’autore finisce per diventare un mercenario che scrive cose che non sente, e che servono solo a vendere più copie.
Apprezzo invece la via di mezzo, che è quella più difficile, e che in pochi hanno saputo realizzare: unire passione a professione, ovvero riuscire a far piacere quello che si scrive, in modo da farlo diventare il proprio lavoro, senza doversi “vendere” a nessuno.
Per il momento, io non rientro in nessuno dei due casi!
Parlaci della la tua passione per i gialli e l’horror
Se vi dicessi che il mio primo film horror l’ho visto in prima elementare, forse non mi credereste, e si vi dicessi che si trattava de “La casa”, probabilmente accusereste i miei genitori di pregresso abbandono di minore.
In realtà l’amore per la paura e il mistero ce l’ho nel sangue da sempre, non sono mai riuscito a disintossicarmene, ed è diventato il mio marchio di fabbrica.
Mi piace spaventare e spaventarmi, mi piace immaginare situazioni assurde e terrificanti, mi piace sperimentare nella paura.
Come dico sempre, la realtà è banale, la conosco e la vivo tutti i giorni.
Meglio il magico mondo della fantasia e dei mostri, che spesso sono più innocui degli uomini.
Hai mai avuto un blocco da foglio bianco ?
Un blocco vero e proprio no, ma per motivi personali o lavorativi, sono stato distante dalla scrittura per diversi anni.
Appena ho potuto, però, mi sono messo in pari.
Ci racconti come nasce l’idea per una storia ?
Bella domanda.
La risposta, credimi, è difficile.
Quando ho scritto “Il giorno dei morti”, per esempio, l’idea è nata dal titolo.
Non so perché, ma quel titolo mi ronzava in testa e non avevo idea di cosa significasse, finché non ho cominciato a scrivere una storia che potesse calzargli a pennello.
In altri casi invece l’idea è nata da una situazione, da un’emozione, da una domanda.
Riconosco le idee buone da quelle pessime quando dopo qualche mese se ne stanno ancora lì, ferme nella mia testa, ad aspettare di essere sviluppate.
Così mi sento in colpa per averle trascurate, e comincio a lavorarci appena posso.
I personaggi delle tue storie sono tutti frutto della tua fantasia o hanno nella vita reale un loro gemello?
Fino ad oggi i personaggi sono stati tutti frutto di fantasia.
Non ho mai trovato nessuno di così interessante da meritare di finire in una storia, e forse è meglio così, visto che spesso i miei personaggi fanno una brutta fine.
L’unica eccezione è in “Senza paura”, romanzo breve in cui mi sono ispirato a una figura leggendaria e paurosa del mio paese, vissuta veramente e che mio nonno usava come babau per spaventarmi da bambino.
cinque consigli che daresti a chi vuole fare della scrittura il proprio lavoro.
Ci provo, anche perché sono quelli che seguo ogni giorno:
1) Crederci davvero.
2) Leggere tutti i giorni.
3) Scrivere tutti i giorni.
4) Non smettere mai di chiedersi e domandarsi.
5) Ignorare chi dice “Non ce la farai”.
Si scrive per gli altri o per se stessi?
Ho conosciuto molti autori che dicono di scrivere per se stessi, e in certi casi si vede: le loro storie fanno pena e sono grammaticalmente scorrette o peggio. Quindi solo loro possono esserne orgogliosi, infatti.
Io credo invece che per essere davvero apprezzati, si debba scrivere per un pubblico. Il giudizio altrui è l’unico mezzo che abbiamo per capire se valiamo qualcosa oppure no, perché è troppo facile scrivere per noi stessi e compiacersene. Che merito abbiamo?
Qualunque forma d’arte, per brillare, dev’essere ammirata da un pubblico, ma attenzione: scrivere per gli altri non significa vendersi.
Dobbiamo essere bravi a restare noi stessi e allo stesso tempo piacere ai lettori.
Mica facile.
Infine, è uscito il tuo nuovo libro : ti va di parlarcene?
Eccome.
Si intitola “Ti guarderò morire”, ed è un action thriller ambientato in Toscana, la mia terra.
Si entra quasi subito nel vivo della storia, non ho lasciato molto spazio a momenti di tranquillità, ho voluto creare una storia piuttosto adrenalinica che trascini direttamente verso il finale.
E’ un libro abbastanza crudo, dove non sono risparmiate scene di violenza.
Mischia la rabbia per le ingiustizie che al giorno d’oggi sembrano troneggiare nei fatti di cronaca nera, a oscure leggende urbane che circolane nel web e che fanno rabbrividire.
Quando ho deciso di approfondirle, ho scoperto delle realtà molto più inquietanti (e vere) di quel che pensavo.