I più, magari, non se ne sono nemmeno accorti. Eppure giorni fa, inserito nel fitto calendario elettorale, un confronto come tanti ha condotto la carovana di aspiranti sindaci in via Montesanto, storica sede della Confindustria pontina. Unindustria, come si chiama oggi, non si è affatto mostrata insensibile al bisogno di visibilità dei candidati e, come da tradizione, ha organizzato pure lei un confronto alla vigilia del voto. Un modo come un altro per stringere qualche mano e tastare un po’ il polso agli aspiranti sindaco. Ma mica tutti, no. Solo quelli la cui probabilità di farcela è, almeno sulla carta, oggettivamente più alta.
Ad essere infatti ricevuti dalla dirigenza dell’associazione degli industriali pontini, o di quel che ne è rimasto, c’erano giusto il democratico Enrico Forte, l’azzurro Alessandro Calvi, Nicola Calandrini per Fratelli d’Italia, la civica ex Udc Marilena Sovrani e il “civista” espressione di Latina Bene Comune, Damiano Coletta. Cinque. Sugli undici totali.
Com’è andata? Benone, almeno a giudicare dai titoloni dei giornali il giorno dopo. Per i candidati è stata infatti una occasione d’oro per strizzare un po’ l’occhio agli industriali e questi, dal canto loro, hanno potuto mostrare ai propri preziosissimi associati quello che volevano: ovvero che, quali che saranno le sorti elettorali del capoluogo, loro, col futuro sindaco, sono già in buoni rapporti.
Eppure, proprio quando tutti sembravano pronti ad archiviare questa ennesima pagina elettorale, ecco che uno degli undici aspiranti sindaco del capoluogo, Davide Lemma, si permette di far notare l’ineleganza del trattamento riservato da Unindustria ai sei candidati esclusi dal dibattito. In altre parole, Lemma contesta l’evidente scortesia dell’associazione degli imprenditori pontini, non tanto (o non solo) verso i sei candidati esclusi, quanto piuttosto verso l’elettorato, fosse pure minoritario, che questi rappresentano.
Ora, fatto salvo il pragmatismo tipico degli industriali di ogni latitudine, e premesso anche che, non trattandosi di una pubblica istituzione, Unindustria, “a casa propria”, faccia giustamente entrare chi diavolo gli pare, appare tuttavia davvero difficile, se non impossibile, non solidarizzare con Lemma e schierarsi dalla parte degli esclusi. Una gaffe colossale, perché di questo in fondo si tratta, che permette però di svelare anche altri scenari. Già perché, l’opportunismo spudorato che fa da sfondo alla “cernita” operata dagli industriali di Latina, quell’interesse esplicito che li ha spinti a selezionare tra gli undici candidati i cinque con più chance di vittoria, la dice lunga sulla mancanza assoluta di garbo istituzionale che regna, di questi tempi, in via Montesanto. O, peggio ancora, mostra la visione iniqua in cui vengono inquadrate le relazioni pubbliche dai rappresentanti degli imprenditori della provincia di Latina. E se per quelle pubbliche è questa la cifra stilistica, non osiamo immaginare il tatto utilizzato per quelle private. Né quali vette possano essere raggiunte per quelle sindacali.
Per non dire, in ultimo, delle doti strategiche di cui gli industriali pontini, con questo gesto, si sono dimostrati assolutamente privi. Giacché, nei sei esclusi, potrebbero esserci le chiavi di volta della prossima tornata elettorale nel caso – plausibilissimo – di un ballottaggio. E Dio solo sa quanto in politica, oggi come ieri, essere l’ago della bilancia, promette di “pagare”.