“Santo Stefano, sulla mia isola non c’è solo il carcere. Parliamone”

L'isola di Santo Stefano
Orazio Ciardo
Orazio Ciardo

La giacca a coste di velluto marrone e il Corriere della Sera in mano, Orazio Ciardo, 55 anni di Napoli è a Ventotene, nella piazza davanti al Comune dove tutti, rappresentanti delle istituzioni civili e militari, politici, cronisti, gente comune si sono radunati per il pranzo dopo il grande evento. Ore 13 di ieri, 30 gennaio 2016: la prima pietra di un progetto di 80 milioni di euro, simbolicamente, è stata appena posata dal premier Matteo Renzi e lui Ciardo non è voluto mancare. Sarà poi uno dei tanti ospiti della piazza, come tutti del resto in attesa di poter ritornare sul continente. E’ solo, si serve al buffet con signorile eleganza. La gente del posto sa chi è, ma ai tanti giunti sull’isola per partecipare all’evento il suo volto non dice nulla. E invece è… il padrone di casa.

Santo Stefano, isola privata al 90%

Possiede 28 dei 30 ettari di superficie dell’isola di Santo Stefano sulla quale il Governo ha appena detto di voler restaurare il carcere borbonico in un centro di formazione di studi europei. Nulla quaestio, ci tiene subito a precisare: “I due ettari sui quali c’è l’antico carcere sono demaniali, pubblica è la strada d’accesso”. “Sono venuto a Ventotene – ci confida – per capire meglio la faccenda”. Suo padre nei primi anni ‘90 ha acquistato da privati, persone originarie di Ventotene ma che vivono stabilmente altrove,  diversi lotti sui quali insistono ruderi, un’abitazione malconcia e sette ammassi di pietre, piccoli fabbricati rurali. Il tutto su 28 ettari di terreno. Quanto spese suo padre? “Questo è di poco conto”, risponde con garbo Ciardo, che gestisce le proprietà della sua famiglia.

santo stefanoUn “vezzo” prigioniero dei vandali

“Mio padre – dice – in cinquant’anni di lavoro nel settore immobiliare ha saputo realizzare molto. L’acquisto delle proprietà sull’isola di Santo Stefano sono da considerarsi un vezzo. Voleva ristrutturare l’abitazione per trascorrere qui qualche giorno d’estate”. E perché non lo ha fatto? “I lavori erano stati conclusi – risponde -. Robetta minima, mi creda. Tutto nella piena regolarità dei vincoli che, intendiamoci, non ricadono solo su Santo Stefano ma anche su Ventotene. Quel tanto che poteva servire a restituire la vivibilità di poche stanze, compreso il servizio igienico”. E allora cosa è successo? “E’ successo che in quegli anni – prosegue il suo racconto – l’isola del carcere, senza alcuna sorveglianza, è stata meta assidua di cacciatori. Noi ci siamo ritrovati con le stanze, appena restaurate, devastate da azioni di vandalismo puro. Chi pensa che abbia ridotto così il carcere borbonico? Il tempo e l’incuria avranno avuto i loro effetti, ma le sbarre divelte sono state utilizzate per le grigliate con cacciagione. Abbiamo ritenuto che restando disabitata, per quasi tutto l’anno, non valesse la pena riparare i danni correndo lo stesso rischio”.

L’occasione per recuperare l’investimento

Chiediamo a Ciardo se con il centro di formazione promesso dal Presidente del Consiglio dei Ministri e comunque con il restauro del carcere finalizzato anche ad un incremento delle visite sull’isola i suoi ruderi, oggi vigilati da un custode privato, possano tornare “utili”. La risposta è affermativa. Lo spera vivamente.

L’ipotesi dolorosa dell’esproprio

Signor Ciardo, se la espropriassero? “L’esproprio, dolorosissimo – afferma -, lo si subisce. Nessuna opposizione conta davanti all’interesse pubblico”. Nel 2008 l’isola di Santo Stefano è stata dichiarata Monumento nazionale e nel 2013 Patrimonio storico-artistico dell’Europa: non è che la sua proprietà, visto che il “titolo” riguarda l’isola, ha assunto una valenza demaniale? “Non ci è stato mai notificato nulla”, afferma con sicurezza Ciardo che aggiunge: “La Regione Lazio deliberò, non ricordo in questo momento l’anno esatto, un esproprio. Ma noi non ne avemmo mai notizia nella forma dovuta. Solo per sentito dire e allora feci io una ricerca tra gli atti pubblicati. La cosa ora risulta essere decaduta”.

Il possibile utilizzo dei ruderi

Ciardo ha finito il suo lunch sotto il sole tiepido e assapora il caffè buono preparato dal barista di Lucca che ora vive a Ventotene 11 mesi all’anno. Ci sta tutto dopo una giornata con l’Europa… in casa. Ventotto ettari di terreno con sopra otto fabbricati rurali, sia pure ruderi, gli costano parecchio in termini di Imu. La sua speranza è di monetizzare, finalmente, l’investimento di famiglia costato chissà quanto. Perché quando si parla di cifre, Ciardo sorvola. Pensa ad una casa per gli studenti che Renzi ha detto di “convogliare” con il progetto per l’Europa, a delle strutture a servizio del centro di formazione, a qualsiasi altro utilizzo per rivalutare la proprietà in decadenza più del carcere borbonico. L’occasione per lui si fa interessante e per questo ha mollato la sua Napoli per un sabato in pieno inverno da trascorre a Ventotene.  Ci saluta con cortesia e sparisce tra la folla.

Qui la fotogallery della visita di Matteo Renzi a Ventotene e a Santo Stefano