È stata una scena drammatica quella ricostruita in aula nel processo per la morte di Satnam Singh, il bracciante indiano rimasto gravemente ferito sul lavoro e poi abbandonato davanti a un’abitazione di Cisterna di Latina il 17 giugno 2024. A rispondere delle accuse c’è Antonello Lovato, imprenditore agricolo, arrestato e finito in carcere per omicidio volontario con dolo eventuale.
Un giovane testimone, che ospitava Satnam e la compagna Soni, ha raccontato di averli trovati in cortile al suo rientro a casa: “Soni gridava aiuto. Un uomo che non conoscevo (poi seppi che era Lovato) sistemava una cassetta a terra e portava Satnam in braccio. Gli chiesi cosa fosse successo e rispose: ‘Si è tagliato’. Alla mia domanda: ‘Perché lo porti qui?’, replicò: ‘Non è in regola’. Poi fuggì via con il furgone”.
Chiamato subito il 118, il giovane si rese conto, guidato dall’operatore, che Satnam non si era semplicemente tagliato: “Aveva il braccio amputato, ferite al torace e alle gambe. Un panno copriva il moncone, Soni gli accarezzava la testa insanguinata”. Solo dopo l’arrivo dei soccorsi, un vicino rivelò che nella cassetta abbandonata c’era l’avambraccio dell’uomo.
In aula anche cinque carabinieri che hanno confermato il racconto, tra cui il brigadiere Antonio Rico e il comandante Francesco Arpaia. Fu sequestrato l’attrezzo che causò le ferite, un avvolgiplastica artigianale privo di sistemi di sicurezza. Il furgone usato da Lovato fu ritrovato “completamente ripulito”, senza tracce di sangue né i cellulari della vittima, mai più rinvenuti.
All’apertura dell’udienza, Lovato ha rilasciato una dichiarazione spontanea: “Ho chiesto che il risarcimento venga esteso a tutte le parti civili. Ho aperto un libretto per versare somme ai familiari, anche con quanto guadagno in carcere. Il mio impegno sarà costante”.
Il processo riprenderà il 15 luglio, con l’audizione di alcuni lavoratori agricoli indiani citati dalla procura.









