Aprilia, allarme ambientale per la maxi discarica. L’autoriciclaggio nella cava dei Piattella

Quando gli operatori della Polizia di Stato hanno avuto contezza della quantità di rifiuti, gettati nella cava di via Corta ad Aprilia, sono rabbrividiti. Lo ha raccontato oggi nella conferenza stampa, indetta per illustrare l’operazione che ha portato all’arresto di 16 persone nell’Agro Pontino, il dirigente della Squadra Mobile di Latina, il vice questore aggiunto Carmine Mosca, proprio ad indicare l’impatto sociale derivante dalla scoperta di questa discarica, una mega discarica realizzata all’interno di una cava dismessa di pozzolana. L’ennesima ferita inferta al territorio di Aprilia.

“Si tratta di un’indagine su tematiche di estrema complessità e di vitale importanza – ha infatti sottolineato il capo del Servizio centrale operativo Alessandro Giuliano – perché attiene alla salute di tutti e alla sopravvivenza dei nostri territori”.

La zona interessata dallo sversamento illecito di rifiuti si trova in località Tufetto, sottoposta a vincolo idro-geologico, prossima ad una sorgente di acqua minerale. Il procuratore aggiunto Michele Prestipino ha voluto “tranquillizzare” affermando che sono stati disposti accertamenti per valutare quali conseguenze possono essersi determinate sulla genuinità dell’acqua, utilizzata dai cittadini, a seguito della presenza della discarica in cui sono stati sversati illegalmente centinaia di carici di rifiuti di ogni tipo.

Le indagini

Le indagini traggono origine dall’attività svolta dalla Polizia di Stato, a partire dal mese di marzo 2016, su un anomalo e intenso traffico di veicoli pesanti che, anche in orario notturno, accedevano in via Corta di Aprilia, diretti nell’area in cui insiste la cava di pozzolana. Per questa ragione sono stati effettuati numerosi servizi di osservazione, anche con l’utilizzo dei velivoli del Primo Reparto Volo di Roma, rilevando come all’interno della cava fossero realizzati invasi, nei quali venivano sversati rifiuti di varia natura dai quali, in molti casi, esalavano fumi inquietanti. I rilievi fotografici effettuati nel corso di un sopralluogo aereo, confrontati con le immagini satellitari risalenti nel tempo, hanno consentito alla Polizia di accertare che alcune delle enormi buche fossero di recentissima realizzazione.

Previa autorizzazione della Dda romana, competente per il traffico illecito di rifiuti, sono state installate diverse telecamere che hanno consentito di acquisire da parte degli investigatori contezza delle attività illecite svolte all’interno del sito. In particolare gli inquirenti hanno rilevato che: all’interno della cava era presente un escavatore con cui venivano realizzate buche ampie e profonde nel terreno; all’interno di dette buche avvenivano sversamenti di ogni sorta di rifiuti solidi urbani, rifiuti da costruzione e demolizione nonché rifiuti pericolosi, come sembravano testimoniare le esalazioni colorate che si sprigionavano dai cumuli di materiale dopo lo scarico; subito dopo lo sversamento dei rifiuti (che in alcuni casi rimanevano per giorni sui mezzi d’opera esposti al sole), i soggetti operanti nella cava provvedevano a ricoprirli di terra, al fine di celarli rapidamente e di limitarne le esalazioni maleodoranti e inquinanti.

I servizi di osservazione, effettuati grazie al sistema di videosorveglianza, e le intercettazioni telefoniche ed ambientali hanno consentito di delineare, sin dalla fase iniziale delle indagini, che a gestire la discarica abusiva fosse Antonino Piattella, ritenuto dagli inquirenti autentico dominus dell’intera filiera illecita, nonché il figlio Riccardo, gestore della cava a tutto tondo; questi, infatti, oltre a ricevere gli appuntamenti per gli sversamenti dai singoli conferitori, si sarebbe occupato, come ricostruito nell’ordinanza di custodia cautelare, anche di manovrare personalmente escavatori e trattori stradali per provvedere allo scarico e all’interramento di enormi quantitativi di rifiuti. Padre e figlio, secondo gli inquirenti, collaboravano allo stesso fine e in caso di bisogno venivano sostituiti da Roberta Lanari, moglie di Antonio, che comunque provvedeva sovente – sempre secondo la ricostruzione degli inquirenti – ad incassare i compensi per gli “scarichi” illeciti.

Le aziende di provenienza dei rifiuti, ubicate nelle provincie di Roma e Latina, i mezzi utilizzati nonché i soggetti che, a vario titolo, avrebbero partecipato al traffico illecito di rifiuti, ognuno con un ruolo ben determinato, sono state individuate attraverso le intercettazioni. Per gli inquirenti, quindi è stato possibile ricostruire la rete di imprenditori coinvolti in qualità di conferitori, molti dei quali operanti proprio nel settore del recupero e dello smaltimento di rifiuti che, in luogo di rivolgersi a canali di smaltimento ufficiali e leciti, si servivano del sito gestito dai Piattella.

La finalità del sodalizio

L’attività svolta nella cava trasformata in discarica avrebbe consentito sia agli “smaltitori” che ai “conferitori” di ottenere elevatissimi profitti, successivamente reimpiegati nel circuito economico legale. “Infatti – spiegano dalla Questura di Latina -, mentre i primi hanno interamente incamerato, sottraendole al fisco, le somme illecitamente percepite per i singoli sversamenti, i secondi, invece, hanno conseguito un considerevole risparmio di spesa, evitando i maggiori costi derivanti dall’osservanza delle procedure previste per lo smaltimento autorizzato di rifiuti.

Gli arresti

Con l’operazione odierna sono state eseguite 16 ordinane di custodia cautelare in carcere e sei divieti di dimora e obblighi di polizia giudiziaria.

Sono finiti in carcere:

  1. PIATTELLA Antonino, nato a Roma il 04.01.1964;
  2. PIATTELLA Riccardo, nato a Velletri (RM) il 14.02.1995;
  3. LANARI Roberta, nata ad Aprilia (LT) il 24.05.1966;
  4. BACCI Elio detto” Mauro”, nato a Trevi nel Lazio (FR) il 16.12.1953;
  5. CARNEVALE Donatella, nata a Velletri (RM) il 25.07.1964;
  6. CARNEVALE Catia, nata a Velletri (RM) il 02.07.1969;
  7. BERNACCHIA Giampiero, nato a Frascati (RM) il 27.05.1969;
  8. SESTINI Remo, nato a Roma il 26.03.1962;
  9. MORESCHINI Stefano, nato a Roma il 29.10.1958;
  10. DUNAREANU Emilian lonel, nato il 26.08.1976 a Craiova (Romania);
  11. LUCIDI Sante, nato a Valle Castellana (TE) il 28.10.1958;
  12. LUCIDI Dario, nato ad Aprilia (LT) il 09.06.1985;
  13. COGONI Riccardo, nato ad Aprilia (LT) il 08.08.1989;
  14. MANZINI Alberto, nato ad Aprilia (LT) il 22.12.1958;
  15. MARTINO Antonio, nato a Sant’Agata dè Godi (BN) il 14.09.1965;
  16. BONCI Paolo, nato ad Albano Laziale (RM) 16.01.1970;

Notificata l’applicazione delle misure cautelari del divieto di dimora nel comune di Aprilia, Ardea e Velletri e dell’obbligo di presentazione quotidiana alla P.G. nei confronti di:

  1. SANTIONI Carlo. nato a Gualdo Tadino (PG) il 16.02.1944;
  2. ESANUCristineì detto Cristian” nato in Romania il 18.12.1966;
  3. PUCA Aldo, nato a Tearw (CE) il 05.02.1985;
  4. TELESCA Patrizio, nato ad Aprilia (LT) il 27.10.1981;
  5. PAPI Alessandro, nato in Genzano di Roma (RM) il 26.06.1982;
  6. OLTEANU Karly Ninel, nato a Craiova (Romania) il 30.06.1974.

I sequestri

Nel medesimo contesto, sono stati svolti approfondimenti investigativi di carattere patrimoniale, attraverso i quali è stato possibile appurare non solo l’evidente sproporzione tra i redditi dichiarati dai soggetti coinvolti nel procedimento penale ed il patrimonio dagli stessi posseduto, ma altresì che alcuni degli indagati hanno provveduto a reimpiegare nei circuiti economici legali le ricchezze illecitamente accumulate, in modo da ostacolarne il rintraccio della provenienza delittuosa, ed hanno fatto ricorso ad intestazioni fittizie dei propri beni, al fine di evitare possibili azioni ablatorie da parte dello Stato.

In esito ai menzionati approfondimenti, pertanto, da un lato, sono state delineate a carico dei destinatari delle misure cautelari anche le condotte delittuose di trasferimento fraudolento di valori ed autoriciclaggio e, dall’altro, è stato eseguito il sequestro preventivo di 9 società, 11 quote societarie, 7 fabbricati di civile abitazione, 8 fabbricati industriali, 7 locali di deposito, 37 appezzamenti di terreno, 60 tra autovetture e mezzi d’opera aziendali, nonché numerosi rapporti bancari, tutti riconducibili agli indagati ed ai loro familiari e prestanome, per un valore complessivo di circa 15 milioni di euro.

Nei confronti delle enti coinvolti a vario titolo nel traffico illecito è stata contestata la violazione del Decreto L.vo n.231/2001 sulla responsabilità amministrativa da reato degli enti, in relazione ai reati in materia ambientale commessi dai soggetti che vi rivestivano posizioni apicali.

A carico delle aziende “conferitrici” e dei rispettivi titolari è stata sottoposta a sequestro anche la somma complessiva di 200.000 euro circa, ritenuta profitto degli illeciti sversamenti.