A cura di: Giovanni Di Giorgi, Direttore editoriale LabDFG
Con questo capitolo inizia il viaggio della Nazionale e della maglia azzurra, che fece il suo esordio il 6 gennaio 1911 sostituendo la casacca bianca, quando, all’Arena Civica di Milano, fu disputato un incontro calcistico tra la Nazionale italiana e quella ungherese, vinto poi per 1-0 da quest’ultima.
In questo viaggio la nostra bussola sarà il libro Storia d’Italia, del calcio e della Nazionale di Mauro Grimaldi, edito dalla mia casa editrice Lab DFG.
Partiremo dalle Olimpiadi di Parigi del 1924. Le Olimpiadi di “Tarzan” Jhonny Weissmuller, futura star del cinema, ma soprattutto primo nuotatore della storia a scendere sotto il minuto nei 100 metri di stile libero.
Ma è il calcio a salire alla ribalta, competendo apertamente con il ciclismo per il primato assoluto della popolarità. Nell’ottava edizione delle Olimpiadi la Federazione indicò Commissario unico Vittorio Pozzo, con una rosa di ventidue giocatori. Il sorteggio aveva posto gli Azzurri di fronte la Spagna, con la stessa formazione che avevano incontrato a Milano poco più di due mesi prima e con la quale, tra l’altro, non era ancora sopita la ruggine dell’ultimo incontro. L’attaccante spagnolo Sanniter, infatti, aveva rotto un braccio al portiere azzurro De Pra’ e provocato l’espulsione del massaggiatore della Nazionale Eugenio Pillotta, ex pugile, che a un certo punto della partita era entrato in campo e aveva steso con un destro il giocatore iberico reo del fallo.
La gara si chiuse con la vittoria dell’Italia di Pozzo per 1 a 0. Si giocò sotto un diluvio e la vittoria azzurra venne ottenuta grazie al più classico e clamoroso degli autogol, causato dal capitano iberico Vallana su un tiro di Baloncieri che beffò senza appello il grande Zamora.
Tra i protagonisti di questa vittoria c’è Luigi Burlando, classe 1899, reduce della “grande guerra” e atleta di grande spessore, capace di praticare contemporaneamente due sport: il calcio, in cui vinse due scudetti con il Genoa nel 1923 e 1924 e la pallanuoto, in cui con l’Andrea Doria conquistò cinque scudetti tra il 1921 e il 1926. Alle precedenti Olimpiadi di Anversa aveva partecipato addirittura con entrambe le nazionali. Era stato lui a segnare contro il Belgio un incredibile gol di testa da metà campo, su rinvio di un terzino avversario.
Dopo la Spagna fu la volta del Lussemburgo, di cui ricordiamo più il “missile” di Virgilio Felice Levratto che colpì al mento il portiere avversario staccandogli di netto la lingua, piuttosto che il risultato di 2 a 0 per gli Azzurri.
Nei quarti l’Italia si trovò di fronte la Svizzera. L’incontro con gli elvetici, nonostante la tradizione fosse favorevole agli uomini di Pozzo, terminò 2 a 1 con l’eliminazione dell’Italia tra le polemiche per il secondo gol degli svizzeri in palese fuori gioco.
Con le Olimpiadi di Parigi il calcio diventò planetario, portando ad ammirare i talenti sudamericani, in particolare i fortissimi uruguagi, vincitori, con un perentorio 3 a 0 alla Svizzera, del Torneo olimpico e futuri Campioni del mondo nel primo mondiale del 1930.
Parigi, oltre al calcio, consacrò tra gli dei dell’Olimpo, il finlandese Paavo Nurmi vincitore di ben cinque medaglie d’oro.
Nel prossimo capitolo la Carta di Viareggio e le Olimpiadi di Amsterdam.