Riceviamo e pubblichiamo un intervento del consigliere comunale di Latina Nicola Calandrini, sul Centro di Alta Diagnostica. Un progetto per il quale si sta trovando un piano B ma che non trova consensi nelle diverse forze politiche della città.
Il Centro di Alta diagnostica si deve fare, e si deve fare così come è stato pensato è
programmato. Non è un banale centro di radiologia, che fa concorrenza a quelli
esistenti, e non può diventarlo.
Questo progetto è nato come polo di eccellenza, come punta di diamante dell’offerta
sanitaria della provincia di Latina, di Latina città ma dentro il progetto di diventare
centro di riferimento nazionale. Dentro c’è l’idea, unica al momento, di dare a Latina
una nuova funzione dopo la deindustrializzazione della fine del secolo scorso, c’è
dentro il progetto di un nuovo ruolo di questa città basato sui servizi. Abbiamo messo
in campo l’idea di trasformare Latina in una città di servizi, non di una singola area,
ma dell’intero Paese.
Seguo il progetto sin dall’inizio, sin dalla sua ideazione da parte della Fondazione
Roma, e in questo riconosco il ruolo di lievito svolto da Alfredo Loffredo.
L’ idea su cui mi sono impegnato e speso senza dubbi, su cui ho lavorato insieme a
tante altre persone, è nata da un patto sottoscritto da Amministrazioni Pubbliche e
non solo. Un patto vincolante per tutti i contraenti.
Capisco che questo è un tempo bislacco, un tempo in cui gli accordi sembrano scritti
sull’acqua. Ma, questo, non è il nostro modo di pensare, non è il nostro modo di
operare. Noi siamo persone serie e ci siamo impegnati davanti alla città per un
progetto vero e consistente, su questo progetto non sono possibili subordinate non è,
non c’è, e non esisterà mai un piano B.
O quel Centro di Alta Diagnostica si fa così come è stato programmato e definito,
oppure è una beffa ad una intera comunità e alla sua dignità, al suo senso di essere
pari rispetto a tutte le altre comunità di questo paese.
In questi giorni si seguono proposte, più o meno credibili, lo voglio dire con forza,
per noi, sono tutte incredibili. L’unica credibile, l’unica in campo, è quella di
rispettare l’Accordo di Programma così come stato sottoscritto è definito dalla
Fondazione Roma, dal Comune di Latina, dall’Amministrazione Provinciale e dalla
Università La Sapienza.
Certo esistono problemi sullo sviluppo del progetto, e non siamo certo noi a
nasconderli, ma i problemi li dobbiamo intendere come domande che ancora non
trovano le giuste risposte, non come scuse per modificare o superare il progetto.
Il piano è valido e rimane nella sua interezza, la stessa Regione Lazio ha espresso
pubblicamente in Consiglio Regionale la disponibilità a lavorare per portare a
compimento questa idea, non ha posto alcun veto.
L’impegno della Regione presentato nell’assemblea regionale va verificato
riproponendo l’iter autorizzativo, tenendo conto della disponibilità e delle indicazioni
dell’assessore Bruschini. Si tratta di tenere fede agli impegni assunti da tutti, se non si
fa questo si accetta di essere guidati da interessi estranei alla nostra comunità. Oggi la
Regione è disponibile non nemica ed è un percorso da fare fino in fondo.
Il nodo del Centro di Alta diagnostica di Latina non è fine a se stesso e voglio
ribadirlo, è dentro anche un nuovo modello di offerta sanitaria per i cittadini, è un
modello di sanità nuova che si basa sulle sinergie tra offerta pubblica, offerta privata,
territorio e università.
Per Latina una scelta strategica che abbiamo fatto tempo fa e che ha portato i suoi
frutti innestando già l’università nel tessuto sociale della città stessa. Ha dato frutti
nella qualità di risposta sanitaria ai bisogni dei cittadini, nella ricerca. L’alta
tecnologia è il cardine su cui regge il Centro che è coerente con il modello su cui
stiamo lavorando da anni e su questo non possiamo cedere di un millimetro.
E non siamo mai entrati in competizione con altri territori, ma c’è stata la
presentazione di un progetto del tutto originale da questo territorio per il resto del
paese.
Il Centro di Alta diagnostica è la scommessa, e la chiave del nostro futuro. E’ un
modello di città che si ritaglia e vuole esercitare un ruolo a servizio dell’intero Paese.
Dopo tanti sogni che abbiamo inseguito, abbiamo oggi un fatto concreto.
Personalmente mi sono impegnato sin dal primo momento sulla concretezza, tant’è
che alcune amministrazioni, penso alla Provincia, hanno già messo in campo risorse
già utilizzate per creare la base logistica per lo sviluppo. Il centro di alta diagnostica
si deve fare così che è stato pensato, così come è nato e convintamente sostenuto da
tutti.
Nicola Calandrini