Covid, Cisl Latina proiettata verso la Fase 2: “Priorità i lavoratori in cassa integrazione”

Roberto Cecere

La Cisl di Latina è proiettata verso la Fase 2 dell’emergenza coronavirus, che deve essere progettata ora per essere pronti quando sarà possibile in qualche modo ripartire. Il sindacato è preoccupato per le migliaia di lavoratori in cassa integrazione quando va bene e per più di mille aziende ferme che faticano a immaginare un futuro produttivo che garantisca salari e benessere. Questa la priorità che necessariamente deve partire dai territori, e soprattutto da tutti gli stakeholder locali, comuni, sindacati, imprenditori, coadiuvati dalla Regione e Governo centrale.

“Le idee – spiega Roberto Cecere, segretario generale di Cisl Latina – devono partire dal basso verso l’alto, ovvero da coloro che vivono i territori e ne conoscono pregi e difetti per generare nuove idee di sviluppo partendo magari proprio dalle ceneri del passato”.

“Come sindacato confederale in questi giorni di emergenza stiamo incontrando i sindaci della provincia proprio per fare il punto della situazione sia dal punto di vista delle metodologie di utilizzo delle risorse destinate alle persone più fragili come per esempio i buoni spesa, ma soprattutto per definire insieme delle strategie che superata la fase emergenziale possano in tempi rapidi far ripartire il tessuto produttivo e di conseguenza quello lavorativo e sociale.

Occorreranno idee e processi nuovi – ha continuato il segretario – è impensabile ripartire con vecchi processi burocratici e farraginosi che molte volte hanno fatto sfumare importanti investimenti. Bisogna pensare a strumenti e tecnologie del futuro, ripartire con una green economy vera che sia calata proprio su quei siti da decenni dismessi. Ripensare ai tanti edifici del demanio inutilizzati per destinarli all’economia della cultura troppo spesso dimenticata”.

L’emergenza potrebbe trasformarsi in opportunità di rinascita, questa volta applicando quelle strategie degne del terzo millennio, che ovviamente non si sposano con l’attuale burocrazia.

“Eliminare tutti quei vincoli contorti, fatti di bolli e di carte, concentrarsi invece su un serio controllo dei progetti finanziati. E’ chiaro però che occorrono risorse, che devono essere destinate ai territori, ai comuni che vivono un momento difficile e ipotizzando le mancate entrate dei tributi rischiano il default o l’immobilismo politico. Riformulare una sanità territoriale falcidiata da decenni di tagli lineari e strutturali, creando dei centri specialistici, per eliminare il dramma dell’emigrazione sanitaria. Abbiamo l’occasione di fare un salto di qualità”.