Il reparto di Malattie infettive dell’ex ospedale Monsignor Di Liegro, di Gaeta, è aperto da due settimane. Due pazienti sono già stati dimessi, dopo aver vinto la loro battaglia contro il coronavirus. Altri stanno per tornare a casa.
Arrivano a Gaeta dopo aver superato la fase critica e qui vengono sottoposti a tutte le cure del caso per guarire dalla polmonite ed essere finalmente negativi. A prendersi cura oggi di 10 pazienti (i posti disponibili sono in tutto 12) è il primario Amato La Mura, infettivologo spostato in tempi non sospetti ad altri reparti e ora più che mai necessario, e inizialmente candidato sindaco a Formia per il centrodestra nel 2018. E il suo staff: i dottori Francesco Purificato, Francesco De Meo, Maria Burricco, Vincenzo Esposito, Pietro Gammardella e Paola Scognamiglio. Sembrano tanti per un reparto, ma fanno difficoltà a coprire le notti.
Dottor La Mura in tanti si chiedono come mai il numero dei morti sia più alto in Italia rispetto ad altri Paesi europei.
“I morti ci sono in tutto il mondo, non solo in Italia. E’ vero abbiamo subito di più al nord perché hanno avuto un po’ di presunzione convinti del fatto che le strutture all’avanguardia avrebbero tenuto. Nel sud non abbiamo la stessa forza e innovazione e quindi soprattutto in alcune zone sono stati più bravi a lavorare sul territorio e non sull’ospedale. Per adesso con buoni risultati”.
Cosa conosciamo di questo terribile virus? E’ vero che resta nell’aria come abbiamo letto in alcuni titoli?
“Io appartengo alla vecchia scuola, ho affrontato l’Hiv, la Sars, qualche caso di Ebola, l’aviaria, la suina. Questa malattia è più subdola, ma identica per quanto riguarda la trasmissione: si trasmette con le particelle spinte nell’aria con un colpo di tosse. Nell’aria resta per un poco, ora c’è la regola dei 6 secondi, poi non dovrebbe restare. Però le misure di prevenzione sono sempre la distanza di un metro e le mascherine per tutti soprattutto per entrare nella fase due”.
Ha anticipato la mia prossima domanda. Quali pensa possano essere i tempi per una fase due?
“Siamo al picco, ma abbiamo ancora troppi incoscienti. Ho sentito anche di persone che di notte arrivino a Gaeta per trascorrere la Pasqua nelle seconde case. So che i sindaci aumenteranno i controlli, che in questi giorni saranno h24. Dovremo fare sacrifici per almeno altri 15 giorni, ma se questo non dovesse bastare non possiamo pensare di restare chiusi per sempre. Siamo allo stremo a livello economico, dobbiamo imparare a convivere con questo virus, che si sta attenuando come tutte le infezioni. Ogni virus muta per poter sopravvivere: se dopo aver infettato un essere umano dove può proliferare questa persona muore, muore anche il virus. Per questo muta, per permettere a chi lo ospita di tollerarlo.
Per quanto riguarda il fatto che possa trovarsi nell’aria posso dire che per infettare deve esserci una carica virale molto alta. Per esempio se in una stanza c’è una persona malata per poter limitare di molto la possibilità di contagio basta aprire la finestra ogni ora. Resta sempre poi la regola di lavarsi spesso le mani, di tossire all’interno del gomito e mantenere la distanza di sicurezza.
Nel prossimo futuro potremo avere nuovi farmaci per contrastarlo e un vaccino forse già alla fine di quest’anno”.
I numeri delle persone decedute sono veritieri? Oppure sono molti di più come denunciano in tanti comuni della Lombardia?
“Solo da poco tempo si sta facendo una distinzione dai morti per coronavirus o con coronavirus. In una rsa (residenze sanitarie assistenziali), per esempio non tutti i decessi saranno per coronavirus”.
In alcune strutture di ricovero per anziani però i numeri sono esponenzialmente più alti rispetto agli anni precedenti. Comunque volevo chiederle come mai abbiamo avuto l’impressione che non ci fosse un piano nazionale per gestire l’emergenza? Delle procedure da seguire in caso di epidemia?
“Non eravamo preparati”.
Quindi sono stati fatti degli errori?
“Mi sta chiedendo di entrare in una sfera politica e non voglio farlo. Però da medico le posso dire che avrei affrontato tutto diversamente. Quello che posso aggiungere è che comunque gli italiani hanno capito bene che dovevano restare a casa e lo hanno fatto con grandi sacrifici. Un merito a questo popolo dobbiamo riconoscerlo. Noi italiani soffriamo, ma non moriamo”.