Dirty Glass, Iannotta truffato: botte e spari per far parlare gli intermediari

Sarebbero stati sequestrati per un tempo che è sembrato lunghissimo, con una pistola puntata, un conoscente di Natan Altomare e il funzionario della Corte dei Conti che aveva concesso il suo ufficio per visionare la mazzetta da 600mila euro.

Quello che si legge nell’ordinanza firmata dal giudice Antonella Minunni ed eseguita questa mattina nell’operazione Dirty Gass, è uno spaccato inquietante di quanto avveniva in provincia di Latina. Nel capannone a Sonnino c’erano Altomare e Luciano Iannotta che cercavano di capire chi li avesse truffati. Qualche giorno prima avevano perso ben 600mila euro: sarebbe stata la prima tranche di una tangente ad un presunto funzionario della Regione Lazio per un appalto da 20 milioni di euro mai esistito.

La vicenda inizia nel febbraio 2018: un rappresentante di materiale per ufficio ed apparecchiature elettromedicali di Roma propose un appalto per la realizzazione di cassonetti per la raccolta rifiuti ad un imprenditore di Frosinone legato a Natan Altomare da un’amicizia.

Il rappresentante per orientare la procedura pubblica propose una tangente da un milione di euro a un presunto funzionario della Regione Lazio. L’imprenditore rifiutò ma segnalò per l’affare Natan Altomare, impiegato nella società di Iannotta. La documentazione fu trasmessa a un avvocato della Italy Glass che ne garantì l’autenticità e il vantaggio commerciale.

Una persona avrebbe visionato il denaro che sarebbe stato custodito fino alla vittoria dell’appalto  o altrimenti restituito. La prima tranche era di 600mila euro e, secondo gli investigatori, era stata fornita da Antonio Festa, di Napoli. Il presidente di Confartigianato Latina sa, sempre secondo gli inquirenti, che si tratta di denaro proveniente da attività illecite. Il 10 maggio 2018 Iannotta si recò a Roma per la visione delle banconote. Qui sarebbe scattata la sostituzione del denaro vero con quello falso.

Iannotta fu poi contattato e scoprì che i Festa avevano riscontrato che il denaro restituito dopo l’operazione di visione presso la Corte dei Conti fosse falso. In una lunga conversazione con Altomare, mentre Iannotta si mette in viaggio per Ottaviano, in provincia di Napoli, per raggiungere Antonio Festa, gli investigatori hanno capito il “ruolo centrale assunto da Natan Altomare” secondo gli inquirenti “regista dell’operazione e garante responsabile e interfaccia dei mediatori che si rivelavano dei truffatori, ciò che metteva in seria difficoltà la credibilità del collaboratore di Iannotta”.

Iannotta dice ad Altomare: “C’hanno truffato chicco!” e lui: “Cioè?”. Iannotta: “Cioè quello ha ficcato dentro la busta un pacco e ne ha cacciato un altro che già era pronto. E mi ha rifilato seicentomila euro falsi. Ti ho mandato la foto!”. La telefonata è agitata, Iannotta bestemmia, piange, si dispera: “Addio cxxo, sto andà a Napoli, mo… sto andà a Napoli. Ma dove cxxo li hai trovati questi”.

Con il denaro che avrebbero ricevuto con i cassonetti Iannotta a un certo punto pensa di realizzare un pozzo e una scuola in Africa, ne parla con Altomare prima di scoprire la truffa che non lo prende sul serio. “Andiamo in Africa, aiutiamo la gente che c’ha bisogno” e Altomare: “eh purtroppo questo mondo non lo cambiamo noi”. Iannotta: “Cambi un pezzetto di mondo però, vicino a qualche tribù, portiamo l’acqua”.

L’obiettivo però, di cui avevano discusso sempre al telefono, sarebbe stato quello di dare in sub-appalto la realizzazione dei cassonetti, “per creare la successiva condizione di sofferenza economica ad un’azienda terza conseguendo comunque i primi 7/8 milioni di euro di stanziamento”. Altomare, come spiega all’amico, si sarebbe “accontentato” del denaro derivato dall’evasione dell’Iva.

Si scoprirà poi che non esisteva nessun appalto e che sia il funzionario della Regione Lazio che il padre assessore in realtà sono morti da tempo. Una volta mangiata la foglia Iannotta si mette sulle tracce dei truffatori e per trovarli non si preoccupa di sequestrare in un capannone a Sonnino la persona a contatto con Altomare e il funzionario della Corte dei Conti dove erano stati visionati i soldi.  Il 14 maggio 2018 li rinchiudono e con la pistola in mano, che si sente anche scarrellare dalle intercettazioni ambientali, li interrogano. A un tratto Iannotta strilla: “Ammazza uno dei due” e l’altro lo implora: “No Luciano, no Luciano, aspetta”. Poi si sentono rumori di schiaffi. Per due volte, sempre secondo l’ordinanza, dalle intercettazioni ambientali si sente il rumore di uno sparo. Poi dopo averli minacciati di non rivelare nulla li liberano perché possano aiutarli a ritrovare i responsabili della truffa.

I due sono terrorizzati, cercano di capire se sia opportuno denunciare e uno blocca l’altro. Alla fine decidono di desistere e di cercare le informazioni che chiedono. Iannotta a questo punto si rivolgerà alle forze dell’ordine perché facciano ricerche sui presunti truffatori.