Figlio di Grillo indagato per stupro, magistrato pontino a capo della Procura

E’ la Procura guidata dal magistrato pontino Gregorio Capasso che coordina le indagini a carico del figlio di Beppe Grillo e di altri tre ragazzi per violenza sessuale di gruppo in danno di una modella scandinava.

Capasso, a Tempio Pausania (Sassari), è procuratore capo da oltre un anno e sin dal suo insediamento ha voluto ricreare il “modello Latina” per i reati contro la famiglia, le donne, le violenze di genere. Ispirato, infatti, dalla sensibilità mostrata dalla sua collega del Tribunale di Latina Maria Eleonora Tortora, prematuramente scompara, appena arrivato in Sardegna il dottor Capasso ha portato avanti una serie di progetti per costituire un pool specializzato per combattere e contrastare la violenza ai danni di donne e bambini. Commosso il suo ricordo per la collega Tortora, a cui è stata intitolata una sala d’ascolto per minori del palazzo di giustizia del capoluogo pontino.

L’inchiesta sulla presunta violenza di gruppo che vede coinvolto il figlio 19enne del fondatore del Movimento cinque stelle, è coordinata dal procuratore capo Capasso  insieme al sostituto Laura Bassani.

La vicenda, denunciata ai carabinieri di Milano, dalla modella scandinava, 20 anni, si sarebbe svolta in Costa Smeralda il 16 luglio, nella villa di Porto Cervo di proprietà del comico. La ragazza si era incontrata con il figlio di Grillo e i suoi tre amici in discoteca, poi il gruppo si sarebbe approfittato di lei nella residenza estiva, poco distante, del fondatore del M5s.

Una storia che al momento è in piena fase di accertamento. I ragazzi, tutti della Genova bene, interrogati da Capasso e da Bassani, si sono difesi parlando di un rapporto consensuale. I loro avvocati hanno messo in luce alcune debolezze della ricostruzione fornita dalla modella svedese, come ad esempio il fatto di aver denunciato l’accaduto dieci giorni dopo l’incontro con i giovani ora indagati, continuando la sua vacanza.

Al vaglio degli inquirenti i contenuti dei cellulari e lo stato della ragazza al momento del rapporto sessuale, per stabilire se ci sia stato un abuso di alcol o droghe e se quindi il suo stato psicofisico fosse alterato. In questo caso potrebbe configurarsi uno stato di minorata difesa, che costituisce eventualmente un’aggravante del reato di violenza sessuale.