Gioco d’azzardo, Garullo (Uil): “La provincia pontina spende troppo”

La provincia di Latina è la seconda nel Lazio per le somme spese per il gioco d’azzardo. A lanciare l’allarme è il segretario generale della Uil Latina, Luigi Garullo, che ha elaborato i dati pubblicati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

“Una provincia che gioca tanto, troppo. Dopo Roma siamo il territorio che spende più soldi nei gratta e vinci, nelle slot, nelle videolottery, nelle scommesse sportive, nel superenalotto. Nel 2018 l’intera provincia pontina ha visto finire nel gioco d’azzardo 871 milioni di euro, con una perdita netta per i giocatori di oltre 204 milioni”.

“E’ una cifra che tiene conto soltanto del giocato fisico e che quindi non considera la mole del gioco on line e le attività clandestine – spiega il segretario della Uil – Ma sono dati consolidati che fanno tremare i polsi, perché – mentre a Roma e nel Lazio i dati sono in diminuzione – a Latina e nella sua provincia le cifre dedicate al gioco salgono, non a caso nel 2017 la spesa era stata di 837 milioni”.

“Analizzando le città e i paesi – ha continuato Garullo – notiamo come questo incremento sia accentuato a Latina, dove nel 2018 gli euro ammontano a 275 milioni mentre erano stati 261 nel 2017″.

Nel capoluogo sono gettonatissime le videolottery, che hanno ingoiato da sole oltre 118milioni e poi il lotto le cui giocate ne hanno totalizzati 24. A Formia invece sono stati con quasi 75 i milioni spesi, contro i 71 dell’anno precedente, anche qui solo per le videolottery il giocato ammonta a oltre 35milioni di euro. Ad Aprilia 85 milioni contro gli ottantadue del 2017. A Terracina quasi 89milioni contro gli 83 del 2017. Stabile Sezze con 38milioni giocati negli anni in questione. A Cisterna invece se erano stati 82 milioni gli euro giocati nel 2017, sono saliti a 86 lo scorso anno. Nella città dei butteri si preferiscono le new slot e le lotterie istantanee. E poi ancora: cresce anche il giocato di Cori, 10 milioni nel 2018, contro i nove del 2017. Quello di Fondi, da 65milioni a 70. E quello di Priverno che nel 2018 è arrivato a quasi dodici milioni”.

“Nel complesso il Lazio è la seconda regione italiana dove si gioca di più – aggiunge Garullo – in testa c’è la Lombardia. Ma la provincia di Latina vanta anche un altro primato: da una ricerca dell’istituto di ricerca Eures scopriamo infatti che in questo territorio – nel quale si concentrano circa 900 operatori del settore (in media 0,4 per chilometro quadrato) – ogni cittadino maggiorenne spende per il gioco 425 euro l’anno, valore che raggiunge i 1.400 euro annui considerando i soli giocatori effettivi (circa il 30% della popolazione secondo l’Istituto Superiore di Sanità). Risultati allarmanti, perché bisogna considerare che la spesa totale per il gioco d’azzardo potrebbe includere quote finanziarie destinate al riciclaggio: l’ultima relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia sottolinea infatti le crescenti infiltrazioni della criminalità organizzata nel gioco d’azzardo (in particolare attraverso il controllo delle videolottery) ponendo dunque l’attenzione su una ulteriore declinazione patologica legata al settore”.

“E poi ancora – conclude il segretario Uil Latina – Dal rapporto dipendenze patologiche nel Lazio del sistema informativo regionale dipendenze, si scopre inoltre che nel 2017 circa 620 persone sono state trattate dai SerD, un dato ovviamente sottostimato perché la dipendenza dal gioco d’azzardo si può nascondere facilmente nelle pieghe della vita quotidiana”.

“Il rischio – aggiunge Maria Carla Pucci della UIL di Latina – di sviluppo del gioco d’azzardo attraverso sale, biglietti, locali ed altre attività è sempre più alto. C’è una legge regionale ma non basta, pur prendendo atto degli interventi economici e formativi messi in campo dalla regione Lazio, occorre anche una strategia nazionale che anziché tener conto delle sole entrate, guardi alla prevenzione e al contrasto del fenomeno di tutte le ludopatie, occorrono ulteriori misure per contrastarlo e per evitare che intere famiglie possano finire sul lastrico.”

“Nelle altre regioni – conclude Garullo – esistono ordinanze, regolamenti, divieti, nel Lazio vi è ancora molto da lavorare, escludendo Roma, Albano e Anzio, nessun Comune ha adottato specifici regolamenti”.