Latina, ora la scelta pesa più della crisi: identità cercasi

E alla fine è successo: Alessandro Bruno non è più l’allenatore del Latina Calcio 1932. Una decisione che, per quanto dolorosa, è apparsa inevitabile per provare a raddrizzare una stagione scivolata pericolosamente verso il baratro.

Le responsabilità di Bruno, se analizzate con razionalità, non sono enormi. Le idee erano poche, sì, ma portate avanti con coerenza e con una convinzione quasi ostinata. Il “Colonnello” ci ha creduto fino all’ultimo, come aveva fatto nella scorsa stagione quando, chiamato in corsa, regalò ai tifosi un mezzo miracolo: la doppia vittoria contro Picerno e Potenza che valse la salvezza.

La conferma estiva era stata una scelta di continuità. Una squadra costruita in un modo e fatta giocare in un altro, una ricerca di identità che però non si è mai compiuta. Nelle ultime settimane è emersa un’immagine chiara: una squadra senza manico, senza direzione, nonostante un tasso tecnico superiore rispetto alle annate precedenti. Il rischio oggi è più grande della semplice sofferenza: una retrocessione potrebbe significare la fine del calcio in città.

Per questo i vertici societari devono scegliere il nuovo tecnico con lucidità e pragmatismo. I nomi circolano, i sogni anche. C’è chi pensa a un ritorno di peso come Gaetano Auteri, maestro di Bruno, reduce dall’addio al Benevento: affascinante, ma economicamente complicato. Stesso discorso per Michele Pazienza, tecnico della Torres fino a poco fa, legato ancora a un contratto pesante. E poi il nome che accende il cuore dei tifosi: Roberto Breda, uno dei simboli del “Latina magico” che sfiorò la Serie A. Ma perché scendere di categoria? Da scartare anche questa ipotesi.

In attesa del nuovo allenatore, oggi la squadra è tornata ad allenarsi sotto la guida del preparatore dei portieri, Alessandro Cesaretti, ex numero uno anche in Serie A. Il tempo stringe: serve subito una guida forte, capace di ridisegnare una squadra che ha qualità in avanti, una difesa rodata e una rosa più lunga rispetto allo scorso anno.

Il merito di Bruno rimane: ha salvato il Latina quando sembrava veramente complicato. Il rischio play-out era vivo nonostante i fallimenti di Turris e Taranto, e il “Colonnello” ha instillato la sua grinta, tanto quanto bastava, per la salvezza diretta. Ma forse alla società è mancato il tempismo, il coraggio di dirgli “grazie” prima e decidere di cambiare strada già in estate, affidandosi a un tecnico più esperto per una Serie C che non perdona. Bruno lascia con dignità, ma il campanello d’allarme è suonato forte: in questa categoria servono polso, esperienza e un progetto tecnico solido, ciò che manca al Latina dalla gestione Di Donato.

Il baratro è vicino. Il Latina è sull’orlo. Ma c’è ancora tempo per tirarsi indietro. Ora o mai più.