Maran Credit Solution spa, multinazionale leader nella gestione del credito (250 dipendenti solo in Italia) dovrà reintegrare una donna di Aprilia, vittima di una mobilità selvaggia che nel 2016 le aveva fatto perdere il posto di lavoro. Lo ha stabilito la Corte di Appello di Roma che, dopo un’ordinanza di reintegra “Rito Fornero” ed ancora una sentenza del Tribunale di Roma, ha confermato l’illegittimità del licenziamento.
La lavoratrice di Aprilia venne individuata tra gli esuberi insieme ai restanti 57 dipendenti della sede operativa di Roma in virtù della scelta aziendale di favorire le restanti sedi operative presenti nel territorio Nazionale, nello spirito della libera strategia economica in capo all’imprenditore.
L’iter processuale intrapreso dalla dipendente, assistita dall’avvocato Fabio Leggiero, giuslavorista del foro di Latina è arrivato alla Corte di Appello di Roma, dopo due provvedimenti emessi dal Tribunale di Roma che in accoglimento totale del ricorso della lavoratrice accertavano l’illegittimità del licenziamento irrogato alla lavoratrice condannando l’azienda alla reintegra sul posto di lavoro.
In seguito, l’azienda ha proposto reclamo innanzi la Corte di Appello di Roma che nei giorni scorsi con sentenza numero 2334, ha ancora una volta accertato l’illegittimità del licenziamento e confermato l’indennità risarcitoria in favore della dipendente.
L’avvocato Leggiero, in rappresentanza della lavoratrice di Aprilia, ha messo in evidenza le criticità e le violazioni di legge della procedura di mobilità che venne aperta per la sola sede di Roma in luogo di tutte le sedi operanti nel territorio Nazionale. “Così facendo – commenta il legale – la parte datoriale ha disatteso i criteri di scelta di cui all’art. 5 L. 223/91 nonché violato i principi di correttezza e buona fede irrogando il licenziamento alla mia assistita per il solo fatto che la stessa prestava servizio presso la sede soppressa. L’azienda continua ha omesso in sede di mobilità ogni prova su fatti e/o elementi che legittimassero la riduzione dei lavoratori da licenziare alla sola sede di Roma. Tutto ciò è avvenuto in contrasto con norme garantiste in materia di criteri di scelta”.
“Di analoga motivazione il Collegio giudicante di secondo grado che ha confermato, ancora una volta, quand’anche ce fosse stato bisogno – afferma Leggiero -,le doglianze e violazioni di legge mosse dalla lavoratrice ed ha correttamente applicato la norma in esame nel rispetto di un diritto alla reintegra che non può essere oggetto di prevaricazione di parte datoriale limitando la platea dei lavoratori a meri criteri di logiche di mercato in violazione dei principi di correttezza e buona fede alla base del rapporto di lavoro”.