Morta a 17 anni. Fondazione Giovani: “Serve riflessione approfondita”

Sono stati predisposti dal pm del Tribunale di Latina, incaricato delle indagini ancora in corso, anche esami approfonditi sul tablet della giovane di 17 anni di Latina, morta  all’Ospedale Santa Maria Goretti dopo il drammatico volo dal balcone di casa sua, al quinto piano di una palazzina di via Don Luigi Sturzo. La salma della giovanissima sarà sottoposta ad esame autoptico e probabilmente domani restituita ai familiari per il rito funebre.

Un gesto che purtroppo lascia poco spazio ad interpretazioni: a quanto pare la giovanissima non ha retto l’impatto della notizia della bocciatura, la seconda, giunta dopo l’esito degli scrutini del liceo Ettore Majorana che la ragazza frequentava.

Il caso ha lasciato sgomento in città, ad intervenire con una nota anche questa mattina la Fondazione Irene ETS, in prima linea per quanto riguarda la lotta al disagio giovanile.

«Pensiamo a come può essere crescere con l’ossessione che devi cambiare, perché fin dall’infanzia ti travolgono come rulli compressori, ripetendoti che un’infinità di comportamenti — per te spontanei, naturali — sono invece sbagliati, strani, fuori luogo, cose che nessuno fa tranne te. Te lo fanno pesare in mille modi, e alla fine non ti resta che piegarti: indossare quella maledetta maschera ed essere ciò che non sei e non sarai mai davvero», osserva Fabrizio Acanfora, scrittore e attivista, che mette in luce quanto la pressione sociale possa deformare la crescita.

 

Un tema che si intreccia con quello della frustrazione, ricordato dal dott. Domenico Devoti, psicoterapeuta e psicoanalista: «La frustrazione non è un fallimento, ma un passaggio necessario della crescita: è uno spazio che, troppe volte, può assumere il volto oscuro del vuoto, dell’abbandono e della perdita, ma che al tempo stesso può diventare il luogo in cui si impara a ripartire, a ricomporre i pezzi e a riconoscere le proprie risorse. Se i giovani oggi faticano a sostenerla, è anche perché noi adulti non li abbiamo accompagnati in questo processo, lasciandoli soli di fronte a un passaggio che non andava temuto, ma compreso. Così anche l’aggressività, che è un’energia primaria e vitale, se accolta e indirizzata può diventare forza creativa, capacità di agire, di cambiare le cose. Non aver insegnato ai ragazzi a riconoscerla nelle sue innumerevoli metamorfosi e a incanalarla li espone al rischio che questa forza si rivolga contro di loro stessi».

 

A sottolineare il ruolo fondamentale dell’educazione interviene anche il dott. Gianluca Lo Presti, psicologo clinico esperto di disturbi dell’apprendimento: «Ogni ragazzo è una storia a sé, con i suoi tempi e le sue modalità di apprendimento. Ma troppo spesso ci ostiniamo a giudicarli attraverso griglie standardizzate, dimenticando che dietro un voto basso o un comportamento che non comprendiamo c’è un bisogno inascoltato».

 

Per la Fondazione Irene ETS, la sfida è allora liberare i giovani dal peso del giudizio e restituire loro la possibilità di crescere senza maschere: «Ogni frammento può tornare a essere tassello di un puzzle più grande, quello della crescita. È lì che si costruisce davvero l’identità: non nell’essere giudicati, ma nel sentirsi accompagnati a ricomporsi, pezzo dopo pezzo».