“Mettiamo a disposizione i siti delle nostre vecchie centrali nucleari”, sono parole che hanno creato ansia e preoccupazione quelle pronunciate dall’amministratore delegato di Sogin, Gian Luca Arritzu, nel corso di un convegno sul nucleare organizzato dalla Lega a Milano. Dichiarazioni forti che hanno scosso la comunità pontina, in primis quella di Borgo Sabotino, dove il sito di strada Macchia Grande, ormai inattivo da anni, potrebbe tornare a produrre energia nucleare.
“Smantellare una centrale nucleare significa prima di tutto confinare ciò che è radioattivo rispetto alla biosfera e rispetto alle attività umane. Confinare significa rendere ciò che è pericoloso, le radiazioni, innocuo nel senso che si riduce via via, con una serie di attività, la pericolosità per l’ambiente”.
“Per un ritorno al nucleare, oltre alle sue competenze, Sogin mette a disposizione i siti delle vecchie centrali che stiamo smantellando. Noi smantelliamo gli impianti – ha proseguito Artizzu – non smantelliamo i siti. Questi sono stati progettati e manutenuti come siti per ospitare una centrale nucleare e sono la naturale destinazione per un futuro nuovo impianto”.
“Il primo peccato del nucleare è non farlo lavorare” – ha continuato Gian Luca Artizzu, riprendendo il concetto espresso in apertura dei lavori da Edoardo Ventafridda, Fondatore di Giovani Blu. “Pensiamo alla centrale di Caorso: ha lavorato meno di cinque anni e ha prodotto 30 miliardi di kilowattora. Oggi, se non l’avessimo fermata con il referendum di allora, staremmo discutendo dell’allungamento dell’esercizio di questa centrale, come sta avvenendo nel mondo per impianti simili”.









