Privatizzazione di Poste Italiane, scatta lo sciopero generale. Uffici chiusi in provincia di Latina

Le Segreterie Nazionali Slp-Cisl, Slc-Cgil, Failp-Cisal, Confasal.com e Ugl-Com hanno proclamato lo sciopero generale in Poste Italiane Spa per l’intera giornata del 4 novembre 2016 con manifestazioni in ogni regione. A Roma è previsto un presidio di fronte al Mef e una manifestazione davanti la sede centrale di viale Europa 175. In provincia di Latina quasi la totalità degli uffici resteranno chiusi.

La decisione del Consiglio dei Ministri di quotare in Borsa un ulteriore 29,7% e del conferimento a Cassa Depositi e Prestiti del rimanente 35% del capitale, con l’uscita definitiva del Ministero dell’Economia dall’azionariato di Poste Italiane, muta completamente gli assetti societari e il controllo pubblico in Poste Italiane. Una decisione assunta a breve distanza dal primo collocamento azionario di oltre il 30% effettuato ad ottobre 2015.

“Uno sciopero doveroso – riferiscono le segreterie provinciali delle diverse sigle sindacali – al quale aderiranno in maniera significativa anche i dipendenti della provincia di Latina. La quasi totalità degli uffici della provincia rimarranno chiusi. Una presa di consapevolezza scaturita dopo le numerose assemblee sindacali tenutesi sui posti di lavoro. Il ruolo sociale di Poste va difeso e questo sciopero conta di difendere anche le classi sociali più deboli. Dalle principali città della provincia (Formia, Terracina, Latina, Cisterna ed Aprilia) partiranno dei pullman per consentire ai dipendenti postali di raggiungere i luoghi della protesta. Un modo per manifestare e far sentire le nostre ragioni”.

Secondo Slp-Cisl, Slc-Cgil, Failp-Cisal, Confasal.com e Ugl-Com, che hanno indetto lo sciopero, la privatizzazione in atto “ha il solo fine di fare cassa e recuperare qualche miliardo di euro per lenire il debito pubblico, ma che non tiene in considerazione il ruolo sociale svolto da Poste Italiane sull’intero territorio: già ora si assiste ai reiterati interventi di chiusura degli Uffici Postali nelle zone più disagiate e al recapito della corrispondenza a giorni alterni, scelta contestata recentemente dal Parlamento Europeo, compromettendo qualità del servizio offerto e la garanzia del servizio universale”.

Le Segreterie Nazionali di categoria ritengono estremamente grave e antieconomica l’intera operazione di dismissione da parte dello Stato, in considerazione che dal 2002 ad oggi Poste Italiane ha sempre avuto bilanci positivi e versando consistenti dividendi al Ministero dell’Economia, quindi alla collettività, quale azionista di riferimento. “Con questa operazione – attaccano i sindacati – il governo viene meno, dopo 160 anni di Poste Italiane, al dovere di garantire alla cittadinanza e alle sue fasce sociali più deboli un servizio essenziale. Lo Stato con la prima tranche collocata sul mercato lo scorso anno ha rinunciato ad una rendita vitalizia di circa 150 milioni di euro annui in termini di dividendi e la cifra si raddoppia se il governo ritira il decreto sulla privatizzazione. Una privatizzazione totale di Poste italiane mette in discussione non solo anni di sacrificio e di lavoro dei dipendenti profusi per darle una dimensione d’impresa tra le più importanti in Italia, ma anche il futuro svolgimento del servizio universale, l’unitarietà dell’Azienda e la sua tenuta occupazionale”.

Le Segreterie Nazionali esprimono preoccupazione sui rischi di una ulteriore privatizzazione di Poste Italiane e sulle conseguenti ricadute occupazionali. Per i sindacati sono a rischio almeno 20.000 posti di lavoro sia nel settore postale che nel finanziario.

Queste le principali motivazioni che hanno indotto le segreterie nazionali a lanciare una fase di forte mobilitazione e di lotta che culminerà con lo sciopero generale del 4 novembre con manifestazioni e presidi in tutta Italia: “Privatizzare Poste Italiane, azienda che fa utili e offre servizi competitivi, può celare dietro una privatizzazione per togliere dal mercato l’unico concorrente scomodo delle banche, che oggi troppo spesso sono nell’occhio del ciclone della finanza speculativa. Attraverso Poste Italiane passa anche la democratizzazione del risparmio nel nostro Paese, per costi, trasparenza e rendimenti garantiti, con i suoi 500 miliardi di euro raccolti ogni anno dal risparmio postale negli oltre 13.000 Uffici Postali. E mentre il management di Poste Italiane in questi giorni è impegnato in ulteriori acquisizioni societarie nel campo finanziario, la concorrenza continua ad erodere fette di mercato al suo core business tradizionale, vedi i competitors privati con il ritiro delle spedizioni nelle edicole e l’accordo sul pagamento delle bollette nelle farmacie. Uno scenario che comporterà un’ulteriore chiusura di Uffici Postali con un impatto negativo sulle comunità locali e in una riduzione dei posti di lavoro”.