Procedura fallimentare sospetta, indagati 7 professionisti di Latina: 1,5 mln sequestrati

Sette professionisti operanti a Latina indagati, a vario titolo, per turbata libertà del procedimento di scelta del contraente nell’ambito di procedure fallimentari, trasferimento fraudolento di valori e reimpiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza illecita.

La Guardia di Finanza di Latina ha dato esecuzione questa mattina ad un’ordinanza di applicazione della misura cautelare interdittiva del divieto temporaneo di esercitare la professione per un anno nonché ad un decreto di sequestro preventivo del valore di 1.500.000 euro emessi dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Latina, Giuseppe Cario, su richiesta dei sostituti procuratori Giuseppe Bontempo e Claudio De Lazzaro, nei confronti dell’avvocato Luca Maria Pietrosanti, del consulente del lavoro Roberto Manenti, dei commercialisti Aldo e Simone Manenti, Luigi Buttafuoco, Massimo Mastrogiacomo (ex presidente dell’Ordine dei commercialisti di Latina) e Alberto Palliccia.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Latina e condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza del capoluogo pontino, traggono origine dalla denuncia presentata da un’imprenditrice successivamente alla dichiarazione di fallimento in proprio e di una società di persone alla stessa riconducibile.

Le attività investigative hanno permesso di accertare numerose anomalie e, secondo gli investigatori, evidenti conflitti di interesse fra i professionisti a vario titolo intervenuti nelle fasi della procedura fallimentare nonché nelle altre procedure ad essa collegate.

In particolare è emersa l’esistenza di un presunto “accordo illecito”, finalizzato a sottostimare il patrimonio dell’imprenditrice, essenzialmente costituto da un unico immobile – posseduto per il tramite di una società di capitali – adibito ad albergo in Terracina, nei pressi del lungomare, per poi acquistarlo a prezzi notevolmente inferiori a quelli di mercato. L’hotel Circe.

Infatti, nella fase iniziale della procedura, l’immobile, valutato oltre 4 milioni di euro, era stato oggetto di pignoramento nel corso della misura esecutiva disposta dal Tribunale per essere poi venduto all’asta, andata, invece, deserta. Le successive operazioni di liquidazioni ideate dai professionisti si sono sostanziate nella liquidazione delle quote della società di capitali di proprietà della fallita (socia unica) e non più nella vendita diretta dell’immobile. A tal fine sarebbe stato artatamente gonfiato il passivo della società per giungere ad un valore del patrimonio netto e, conseguentemente, delle quote, inferiore al reale, producendo così l’effetto di poter acquisire la società e la sua unica attività, ad un prezzo economicamente molto vantaggioso, in danno della curatela e dei creditori.

Gli indagati avrebbero divulgato, al di fuori della procedura, informazioni commerciali “sensibili”, destinate a costituire patrimonio informativo della vendita fallimentare, che ha comportato la distorsione della procedura concorsuale, inducendo gli organi preposti a privilegiare la procedura di liquidazione delle quote della società di capitali in luogo del pignoramento immobiliare dell’albergo;

sottostimato il valore delle quote della società di capitali attraverso una perizia prodotta nell’ambito della procedura esecutiva dal perito “estimatore” il quale, successivamente, in spregio ai requisiti di indipendenza previsti dalla legge si sarebbe poi prestato ad assumere, per conto degli acquirenti, l’incarico di “attestatore” al fine di evitare che altri potessero mettere in evidenza le gravi incongruenze relative alla procedura di valutazione delle quote.

Tali comportamenti avrebbero permesso agli indagati di acquistare, per il tramite di prestanome, le quote della società proprietaria dell’immobile ad un prezzo notevolmente inferiore al reale valore di mercato, diventando di fatto indirettamente proprietari dell’immobile che veniva immediatamente rivenduto, realizzando un profitto pari a circa 1.500.000 euro.

In tale contesto, le indagini hanno permesso anche di scoprire come l’acquisizione dell’albergo e la sua “istantanea” rivendita sarebbe stata ideata fin dall’inizio grazie alla diretta conoscenza da parte degli indagati, per ragioni dei rispettivi uffici, dell’interesse all’acquisizione da parte di un imprenditore del settore turistico. Tali informazioni “privilegiate”, in uno con gli incarichi ricoperti, avrebbero permesso agli indagati di esercitare sulla curatela un’influenza indebita, distorcendo le fisiologiche dinamiche della procedura fallimentare.

Il quadro investigativo è stato delineato dalla Fiamme Gialle pontine grazie ad una certosina opera di ricostruzione dei fatti mediante l’esame di copiosa documentazione contabile ed extracontabile relativa alla vicenda fallimentare, agli atti della procedura ovvero rinvenuta su supporti informatici ed acquisita nel corso di mirate perquisizioni disposte dall’autorità giudiziaria che ha costantemente coordinato le indagini, imprimendo il giusto impulso alla vicenda giudiziaria. Il tutto è stato supportato da mirate attività tecniche che hanno permesso di ascoltare dalla diretta voce degli indagati, gli accordi intervenuti.