Progetto Triathlon contro la psicosi: il convegno al Goretti insieme a Janssen

Si svolge domani, 19 ottobre, a partire dalle 9, presso l’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, la presentazione del progetto Triathlon: organizzazione, Pdta e trattamenti farmacologici nei Dsm. Si tratta di un progetto vasto e innovativo volto a far fronte alle criticità che caratterizzano l’assistenza ed il trattamento delle persone affette da psicosi.

Il fine

L’obiettivo – spiegano gli organizzatori dell’evento – è l’approccio integrato e personalizzato al trattamento delle persone affette da psicosi, per promuoverne il recupero funzionale e per favorirne l’accesso alle cure, la riabilitazione e il benessere, attraverso il coinvolgimento di tutte le figure chiave dell’assistenza, contribuendo a contrastare lo stigma, il segno che spesso accompagna chi soffre di disturbi mentali.

Le tre dimensioni

Il nome del progetto è stato scelto perché il reinserimento del paziente con psicosi passa attraverso tre dimensioni: la dimensione clinica, la dimensione organizzativa e quella sociale.

Le cure

I più recenti trattamenti farmacologici, associati a percorsi integrati di cura (riabilitazione cognitiva, psicoeducazione) possono ambire al recupero del paziente con psicosi e quindi ottenere l’obiettivo di evitare o ridurre la cronicizzazione della malattia e favorire il recupero di una vita il più possibile autonoma.

La ricerca Janssen

Una malattia che compromette le prestazioni sociali di persone giovani, nel pieno della vita lavorativa e produttiva, alterando gli equilibri anche all’interno delle famiglie: ancora oggi il peso maggiore ricade sulla figura djanssenel caregiver, quasi sempre un familiare, che tra i suoi compiti assistenziali deve anche spesso ricordare al paziente di assumere la terapia. È il profilo della schizofrenia che emerge dalla ricerca Addressing misconceptions in schizophrenia, realizzata da Janssen su pazienti e caregiver, presentata oggi a Milano in occasione di un incontro che ha fatto il punto sulle attività del progetto TRIATHLON – Indipendenza, Benessere, Integrazione nella Psicosi, che proprio in Lombardia inaugura una nuova fase con il lancio delle iniziative legate alla dimensione sociale del progetto, finalizzata al reinserimento del paziente.

La metà (50%) dei pazienti italiani che hanno partecipato alla survey ha un’età compresa tra i 31 e i 50 anni, il 35% tra i 18 e i 30 anni; conseguentemente, anche i caregiver sono persone giovani nel pieno della loro vita (il 72% ha tra i 28 e i 50 anni), che si trovano a dover gestire da sole l’assistenza, i trattamenti e l’impatto della malattia schizofrenica sulle attività quotidiane del paziente. Dalla ricerca emerge che la preoccupazione maggiore dei caregiver riguarda proprio quest’ultimo aspetto: il 63% degli intervistati teme gli effetti “destabilizzanti” della malattia sul corso ordinario delle attività e si mostra preoccupato per il lavoro, lo studio, le attività sociali del paziente.

L’indagine sottolinea una volta di più l’importanza di intervenire “presto e bene”, obiettivo oggi possibile grazie all’approccio integrato di cura e all’evoluzione delle risorse farmacologiche. “I dati che emergono da questa indagine fanno capire quanto sia importante intervenire tempestivamente, oggi più che mai – commenta Claudio Mencacci, Presidente Società Italiana di Psichiatria (SIP) – dati recenti ci dicono che questi pazienti arrivano nei DSM dopo un periodo medio di 7 anni: troppi, se consideriamo che in un periodo così lungo la malattia peggiora, con conseguenze sulle condizioni del paziente e sulla qualità di vita del paziente stesso e della sua famiglia. Inoltre, un intervento efficace dovrebbe essere coordinato e integrato tra le parti: solo così può portare a una reale riabilitazione e al reinserimento nella società”.

Proprio per rispondere a queste esigenze, nei mesi scorsi è stato lanciato il progetto TRIATHLON, promosso da Janssen in partnership con Società Italiana di Psichiatria (SIP), Società Italiana di Psichiatria Biologica (SIPB), Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia (SINPF), Fondazione Progetto ITACA Onlus, ONDA (Osservatorio Nazionale sulla salute della donna), e Federazione Italiana Triathlon (FITRI). Un programma innovativo per promuovere il recupero ed il reinserimento dei pazienti attraverso un approccio integrato, basato sul coinvolgimento di tutte le figure chiave dell’assistenza, lungo tre dimensioni fondamentali – clinica, organizzativa e sociale – che da febbraio ad oggi ha già coinvolto numerosi DSM (Dipartimenti Salute Mentale) sul territorio.

Per la prima volta abbiamo numeri veramente importanti per un progetto di questo respiro – spiega Antonio Vita, Professore Ordinario di Psichiatria, Università degli Studi di Brescia e Direttore Unità operativa di Psichiatria 20 dell’ASST Spedali Civili di Brescia – nel biennio 2016-2017 sono 37 i Dipartimenti di Salute Mentale partecipanti, appartenenti alla gran parte delle Regioni italiane, con circa 3.000 operatori sanitari coinvolti. Possiamo affermare senza dubbio che la capillarità è l’ulteriore elemento di valore e novità di TRIATHLON. Alla fine del 2016 si saranno svolti 60 eventi formativi e altrettanti se ne terranno nel 2017”.

Il progetto TRIATHLON è stato fortemente voluto da Janssen, azienda impegnata nella salute mentale e nella cura delle patologie psicotiche: “tra le nostre innovazioni ci sono sicuramente quelle che hanno cambiato il paradigma terapeutico di questi disturbi nel corso della storia della medicina. Così come oggi stiamo studiando nuove soluzioni che speriamo possano rappresentare, nel prossimo futuro, passi in avanti altrettanto importanti», dichiara Massimo Scaccabarozzi, Presidente e Amministratore Delegato Janssen Italia. «Anche per questo programma ci siamo fatti guidare dall’innovazione, che è la nostra stella polare. Confermiamo di voler proseguire con questo progetto, visti i risultati raggiunti”.

La dimensione clinica del progetto prevede eventi formativi ECM supportati da Janssen, orientati in primo luogo all’importanza di una diagnosi e di un intervento precoce e ai requisiti del trattamento farmacologico, oltre ad altri aspetti fondamentali quali la riabilitazione cognitiva e la psicoeducazione.

Uno degli aspetti problematici nella gestione della schizofrenia che emerge dalla survey Addressing Misconceptions in schizofrenia riguarda proprio la gestione e l’adesione alla terapia; i pazienti infatti spesso non sono in grado di ricordarsi quando assumere la terapia e devono far riferimento ai caregiver (55%) o al personale sanitario (50%). Ancora esiguo (10%) il numero di pazienti che si avvalgono di device tecnologici: “se i pazienti vengono trattati precocemente, con approcci multi-disciplinari e integrati, è possibile il raggiungimento di una completa autonomia psicosociale – dichiara Andrea Fiorillo, Professore, Dipartimento di Psichiatria, Università di Napoli SUN – strumenti come “On-track”, che facilita l’interazione tra medico, paziente ed équipe psichiatrica e “Allenamente”, per allenare le funzioni cognitive del paziente, sviluppati nell’ambito del progetto TRIATHLON, rappresentano due validi esempi”.

La survey evidenzia come la terapia farmacologica sia la strategia terapeutica principale per la quasi totalità dei pazienti (80%) ma evidenzia anche come solo meno della metà (43%) esprima soddisfazione per le terapie assunte e come ci sia un uso ancora limitato (19% dei pazienti) di terapie, come quelle iniettive a lunga durata d’azione, che potrebbero permettere una maggiore autonomia del paziente e quindi una migliore gestione della dimensione sociale.

Nell’ottica di un approccio innovativo alla presa in carico del paziente è bene valutare l’opportunità di utilizzare trattamenti che consentano la continuità delle cure, come i cosiddetti farmaci LAI, long acting injectable – spiega Eugenio Aguglia, Presidente Società Italiana di Neuropsicofarmacologia (SINPF) –Un intervento farmacologico immediato e continuo riduce di circa il 60% l’incidenza di ricadute: è la premessa per migliorare e accelerare molto il reinserimento lavorativo e quindi concretizzare la riabilitazione del paziente, non solo in termini sociali, ma socio-relazionali e riabilitativi”.

La terza dimensione, quella sociale con il reinserimento del paziente psicotico nella vita di tutti i giorni, prevede diverse attività con l’obiettivo finale di migliorare l’indipendenza e il benessere soggettivo del paziente e favorire l’integrazione nella società e le opportunità d’inserimento lavorativo. In questa dimensione gioca un ruolo importante l’attività fisica: “Negli ultimi anni si sono accumulati numerosi studi sul valore dell’esercizio fisico nelle persone affette da schizofrenia – dichiara Emilio Sacchetti, Past President Società Italiana di Psichiatria (SIP), Professore Ordinario di Psichiatria e Direttore Dipartimento Salute Mentale dell’ASST Spedali Civili di Brescia – i dati sono tanti e, direi, molto forti nel senso che le evidenze non lasciano dubbi sull’importanza degli effetti positivi e dei benefici che l’attività fisica, intesa non come sport competitivo bensì come esercizio regolare e costante, ha nel ridurre e migliorare i sintomi tipici delle psicosi, le performance cognitive e il benessere complessivo del paziente”.