Redige strumenti urbanistici per 800mila euro, ma il Comune di Latina non gli deve nulla. La sentenza

Il Comune di Latina

Ottocentomila euro in fumo per l’ingegnere Benito Vittorio Ortu. La Corte di Appello di Roma – prima sezione civile – ha riformato in toto la sentenza del Tribunale civile di Latina che, nel 2011, aveva stabilito un indebito arricchimento del Comune del capoluogo pontino in danno del professionista per l’elaborazione di varianti e strumenti urbanistici. Pertanto l’ingente somma (oltre 543mila euro più interessi) accantonata dall’ente, sull’avanzo di amministrazione del 2013, per fare fronte alla prospettata esecuzione forzata del credito derivante dalla sentenza del 2011, potrà considerarsi svincolata.

La sentenza d’appello, in accoglimento dell’impugnazione del verdetto del 2011 proposta dal Comune di Latina, tramite l’avvocato Cesare Manchisi, ha disposto che nulla è dovuto all’ingegnere Ortu per l’opera professionale resa in favore dell’ente, condannando lo stesso alle spese processuali. Una batosta per il soccombente che evidentemente era stato poco accorto nel prestare la sua opera professionale in assenza di precisi atti. La sentenza non mette in discussione l’operato del professionista, che pure aveva redatto le varianti ai piani particolareggiati R/2, R/3, R/4, R/5, i piani di quartiere R/10, R/22 in variante al Piano regolatore generale, la variante al Prg in ampliamento al piano particolareggiato di Borgo Grappa e portato a termine altri “incarichi” sui piani R/1 e R/3, ma il suo diritto a pretendere il pagamento da parte del Comune.

L’estensore della sentenza, il consigliere Luca Cossignani, scrive nelle motivazioni che l’azione di ingiustificato arricchimento va accordata quando l’impoverito (in questo caso l’ingegnere Ortu) non disponga di alcuno strumento giuridico a tutela della propria pretesa… ma.  Nel caso specifico l’impoverito non ha tenuto conto che “qualora le obbligazioni contratte non rientrino nello schema procedimentale di spesa, insorge un rapporto obbligatorio direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, per difetto del requisito della sussidiarietà, sicché resta esclusa l’azione di indebito arricchimento nei confronti dell’ente stesso”. Come a dire che avrebbe dovuto fare causa non al Comune ma all’amministratore o al funzionario che lo aveva “arruolato” sulla parola. Un’azione ancora possibile? Occorrerebbero comprovati atti interruttivi della prescrizione del credito vantato.

Da sottolineare che la Corte d’Appello, presieduta da Corrado Maffei, bacchetta il giudice di primo grado per non aver tenuto conto che le attività svolte dall’ingegnere Ortu erano state conferite ed eseguite successivamente all’entrata in vigore della legge 144 del 1989: “Prima di procedere all’accertamento dell’effettivo espletamento delle dedotte prestazioni professionali e dell’utilitas – si legge nelle motivazioni della sentenza – avrebbe dovuto tenere conto che né è stata adottata una valida deliberazione autorizzativa da parte dell’amministrazione comunale, né l’impegno contabile è mai stato registrato sul competente capitolo di bilancio (ma nemmeno è stata adottata una delibera di riconoscimento a posteriori dei debiti fuori bilancio)” e che quindi il rapporto obbligatorio non poteva gravare sull’ente locale ma appunto su chi gli aveva dato incarico.

Nelle motivazioni della sentenza viene spiegato che prima dell’entrata in vigore della legge 144 del 1989 era possibile avvalersi esclusivamente dell’articolo 2041 del Codice civile in base al quale il depauperato, nei confronti della pubblica amministrazione, aveva solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento senza che l’ente pubblico potesse opporre il mancato riconoscimento dello stesso potendo eccepire al limite un arricchimento non consapevole e quindi “imposto”.