A più di venticinque anni dalla sua scomparsa, Sabaudia ricorda Piazzolla. Ma non solo, omaggia anche il più grande interprete – Carlos Gardel – del tango tradizionale e quell’espressione eterna dello spirito umano che è il tango, perché questo è come “un grande abbraccio magico del quale è difficile liberarsi. Perché in esso c’è qualcosa di provocante, qualcosa di sensuale e, allo stesso tempo di tremendamente emotivo” (Jorge Louis Borghes). La quinta e penultima serata de I Suoni del Lago… oltre il giardino, rassegna concertistica promossa dalla Pro Loco di Sabaudia in collaborazione con l’Amministrazione comunale, il Parco Nazionale del Circeo e con i patrocini della Provincia di Latina e del Consorzio Pro Loco Circe (Ponza, Latina, Terracina, Sabaudia, San Felice Circeo), che gode, fin dal primo anno, della direzione artistica del Maestro Piero Cardarelli e di quella organizzativa di Gennaro di Leva, propone un excursus dentro il tango, da Gardel a Piazzolla. Il palco lambito dalle acque del lago di Paola accoglie, domani 10 agosto alle 21.30 al Belvedere, il ritorno – dopo il concerto dello scorso anno nella seconda edizione della manifestazione – del Bandoneòn di Gianni Iorio, mentre dà il benvenuto per la prima volta al sassofonista jazz argentino Javier Girotto, uno dei più grandi interpreti del tango. Ad accompagnarli nel concerto “Recordando Piazzolla y Gardel”, I Suoni del Lago Strings Quintet, il quintetto d’archi, figlio del progetto che soggiace alle intenzioni della rassegna di dare voce anche a interpreti del panorama locale e non solo, composto da Pierluigi Pietroniro (primo violino), Stefania Cimino (secondo violino), Achille Taddeo (viola), Ernesto Tretola (violoncello) e Piero Cardarelli (contrabbasso).
Modernità e tradizione, classicità e sonorità jazz, scandiscono ancora una volta il racconto che coniuga grande musica a scenari straordinari de I Suoni del Lago. Mentre Astor Piazzolla è considerato il capostipite del tango moderno, Carlos Gardel è stato il suo più grande interprete: un cantante che espresse al livello più alto il pathos e la sensualità del tango tradizionale. Al musicista e attore argentino, scomparso prematuramente all’età di 34 anni in un incidente aereo a Medellin, in Colombia, il 24 giugno 1935 (in cui morì anche l’autore dei testi delle sue canzoni e dei soggetti dei suoi film Alfredo le Pera), il duo Girotto-Iorio dedica la prima parte del concerto, con arrangiamenti e composizioni propri, ma anche attraverso brani afferenti al repertorio più raro del cantante.
L’intenzione di mettere in luce il carattere meno conosciuto degli artisti anima anche la seconda parte dedicata a Piazzolla, un viaggio dagli spunti più classici fino al jazz, stile musicale in cui espresse più intensamente il proprio linguaggio e personalità artistica, contraddistinti da una preparazione di altissimo livello, preparazione assai rara da trovare nei musicisti di estrazione “popolare”. Tutti questi fattori non possono essere tralasciati quando si ascolta e reinterpreta Piazzolla. L’amore per l’Europa, la sua aspirazione a un linguaggio complesso e sofisticato, il tributo ai maggiori compositori di sempre, divengono elementi imprescindibili nella sua musica. I suoi brani così commossi, intrisi di malinconia ma anche capaci di inaspettata aggressività e vitalità, lo rendono tutt’oggi uno dei più grandi compositori del Novecento.
Il linguaggio ritmico, lo spirito fortemente drammatico e passionale, i vividi colori sono gli elementi fondamentali cui Piazzolla si ispira per creare composizioni “quasi” classiche per struttura ed elaborazione, servendosi di tutti gli strumenti espressivi della musica “colta” e del jazz. Quelle stesse matrici scandiscono l’unicità interpretativa della rilettura di Girotto-Iorio, omaggiando colui che rivoluzionò l’idea del tango, percepito come musica tradizionale da ballo, rendendolo soprattutto un sentimento da ascoltare e un ritmo da amalgamare all’improvvisazione. “Ancor oggi il tango conserva quel qualcosa di proibito che stimola il desiderio di scoprirlo sempre un po’ di più e quel qualcosa di misterioso che ci ricorda quel che siamo stati o, forse, quel che avremmo voluto essere” (Jorge Louis Borges).