Vanno avanti senza sosta le indagini sull’ennesimo ordigno esploso a Latina, che nella tarda serata di sabato scorso ha sconvolto la tranquillità di una palazzina al civico 203 di viale Kennedy. La bomba è deflagrata poco prima delle 23, con un boato così violento da far tremare pareti e infissi, mandare in frantumi i vetri degli appartamenti al primo piano e danneggiare l’ingresso dello stabile. L’onda d’urto, sentita a chilometri di distanza, ha colpito anche un’auto utilizzata da una donna con disabilità, parcheggiata nel cortile della palazzina.

Gli investigatori stanno cercando di decifrare il nuovo rebus. Capire chi fosse il vero destinatario del messaggio intimidatorio e, soprattutto, ricostruire la rete che si cela dietro la lunga scia di attentati registrati negli ultimi mesi. Dalle bombe carta ai roghi dolosi, fino alle molotov lanciate il 4 novembre contro una palazzina Ater di via Guido Rossa, gli episodi si susseguono in un clima che ormai è di tensione costante, alimentato da una lotta sotterranea per il controllo dello spaccio.
Secondo gli inquirenti, sarebbe proprio la gestione del traffico di droga il movente comune agli attacchi. Una guerra silenziosa tra fazioni rivali, fatta di avvertimenti e ritorsioni, che sempre più spesso finisce per coinvolgere cittadini estranei a qualsiasi dinamica criminale. Nelle ore successive alla deflagrazione, la Squadra Mobile ha raccolto diverse testimonianze. Alcuni residenti riferiscono di aver visto un uomo incappucciato fuggire dal cortile pochi istanti prima dello scoppio; altri parlano di due persone sospette in fuga a piedi nelle vicinanze. Un ruolo decisivo potrebbe averlo il sistema di video sorveglianza dell’area, che potrebbe aver ripreso la fuga degli attentatori e fornire nuovi elementi per sbrogliare una matassa investigativa sempre più complessa.









