La casa viola. Capitolo sesto

Eccovi l’attesissimo (spero) capitolo del nostro racconto.

Elenco , come al solito , i link relativi ai capitoli precedenti .

CAPITOLO PRIMO

CAPITOLO SECONDO

CAPITOLO TERZO

CAPITOLO QUARTO

CAPITOLO QUINTO

E ora vi lascio alla lettura.

Ci ritroveremo tra qualche giorno: mi prendo solo una piccola pausa. PicsArt_03-02-01.32.32 (1)

Capitolo Sesto

Il taccuino

Anna trovò Claudia intenta a salutare un cliente giunto ormai al termine della sua vacanza.

La raggiunse dietro il bancone della reception in cerca della chiave della lavanderia.

“Ti stavo giusto aspettando”

“Dimmi…”

“C’è da sistemare la “Tulipano” che si è appena liberata”

Tutte le stanze avevano il nome di un fiore : Mimosa,Lavanda , Rosa e Tulipano appunto.

D’altro canto l’intera struttura si chiamava Fiore come la sua proprietaria.

“Tranquilla , lo faccio subito…” La voce di Anna arrivò soffocata: china su un cassetto annaspava tra più mucchi di chiavi legate con spago colorato. Non c’era verso di evitarlo: continuava a perdere quella stupida chiave!

“Qualcosa non va?” aggiunse poi .

Claudia era evidentemente strana quella mattina: gli occhi segnati di chi non ha dormito molto.

La donna non rispose, si limitò a farle un sorriso stentato e uscì in giardino.

Forse era solo un giorno no, pensò Anna mentre arrancava per le scale con la cesta colma di biancheria .

Claudia uscì in giardino e raggiunse la panchina sotto la grande quercia. Restò qualche minuto lì , seduta a fissare il vuoto.

Poi lo sguardo si posò sul casale.

I clienti erano già tutti svegli: le persiane delle finestre erano aperte e il sole entrava generoso a dare il suo buongiorno.

Vide il signor Berardi affacciarsi, ancora in pigiama. Era uno dei suoi clienti più affezionati: prenotava una decina di giorni almeno tre volte l’anno, fermando la stanza già mesi e mesi prima.

Amava la tranquillità di quei luoghi : era uno psicologo e forse sentiva il bisogno di isolarsi dall’ingombrante fardello lasciato dai problemi dei suoi pazienti.

Taciturno e solitario era solito fissare la gente, come se la stesse studiando . Abitudine che certo non contribuiva ad attirargli le simpatie altrui.

A Claudia faceva tenerezza , così solo e silenzioso , sembrava vulnerabile più dei suoi stessi pazienti.

Rigirò tra le mani il taccuino che era stato di Marco.

Si chiese se non sarebbe stato meglio lasciarlo lì, dove lo aveva trovato.

Ma non aveva saputo resistere alla tentazione e alla fine della festa, quando il silenzio era tornato a regalare la sua pace, era salita fino allo studio.

Ad incuriosirla era il fatto che fosse stato nascosto nel cassetto dell’armadio anziché conservato insieme a tutti gli altri quaderni , nel baule dietro la testata del letto.

Un banale particolare che però lasciò Claudia perplessa: quando vivi accanto ad un uomo tanto abitudinario , tutto può sembrarti strano , se non rientra nei soliti canoni.

Per giorni lo aveva tenuto sul comodino . Fino alla sera prima.

Ne aveva accarezzato la copertina un po’ consumata negli angoli . Aveva sentito il profumo di Marco arrivarle alle narici e il cuore stringersi nel petto: sentiva ancora molto la sua mancanza. Nonostante fosse trascorso un anno dalla sua morte.

Un anno durante il quale si era aggrappata al lavoro come fosse l’unica ancora di salvezza. Il solo mezzo per colmare il grande vuoto che sentiva dentro.

Aveva sposato Marco senza amarlo. Almeno lei non lo amava quanto lui. La perdita del bambino, subito dopo il parto, aveva messo a dura prova la loro fragile relazione.

Nonostante tutto però quell’insolito legame era cresciuto negli anni , nutrendosi di rispetto, di stima , di affetto profondo e di amicizia. La differenza di età non era mai stata un problema e , anzi, con il tempo , era diventata il collante giusto per quella storia d’amore che aveva conosciuto forse poca passione , ma che era evoluta in un rapporto maturo , romantico , e appagante per entrambi.

Poi la malattia. Un colpo duro. Che li aveva uniti ancora di più. E che aveva rapidamente consumato i loro ultimi giorni insieme.

Ora quel quaderno ,smuoveva cumuli di sabbia abbandonati sul fondo di un mare di ricordi che avrebbe forse preferito dimenticare per sempre.

Sulla prima pagina , come era consuetudine per Marco, solo quello che sarebbe stato il titolo del suo lavoro.

La casa viola

Claudia passò un dito sulla scritta , come volesse percepire emozioni , presagi , pensieri , da quelle poche parole scritte…. quindi voltò pagina, preparandosi a leggere quanto seguiva…

Capitolo 1

Alessandro

Claudia lesse ancora una volta il nome sul modulo di prenotazione della camera:

Alessandro Palmieri…..

Ci volle l’intera notte ma Claudia lesse tutto di un fiato il contenuto del quaderno.

Ora lì , all’ombra delle grande Quercia, un vorticoso insieme di domande sembravano affollarle la testa.

Perché mai Marco avrebbe dovuto scrivere un racconto con protagonisti lei ed Alessandro?

Perché poi non gliene aveva parlato?

Perché aveva nascosto il taccuino?

Nessuna delle risposte che le vennero alla mente sembravano avere un senso logico.

Forse era stato solo un gioco . Un tentativo come tanti di inventare una storia.

Forse ,non soddisfatto del risultato, aveva nascosto il quaderno affinché nessuno lo leggesse.

Forse….

Claudia pensò che avrebbe potuto trovare risposta a tutte le sue domande se solo avesse provato a cercare quel biglietto.

Quello che Marco aveva nascosto nella giacca blu che a lei piaceva tanto.

Proprio come era scritto nel quaderno.

Forse quella era la chiave.

Forse lì avrebbe trovato le risposte.

Poi sorrise tra sé , imbarazzata per avere anche solo immaginato che il racconto potesse essere una sorta di caccia al tesoro postuma.

Richiuse il taccuino e se lo infilò in tasca.

Canticchiando la vecchia canzone di quando era bambina , rientrò in casa : voleva cambiarsi per la sua solita corsa mattutina, non prima di aver sfamato però il povero baffo che da qualche minuto la guardava curioso , sicuramente chiedendosi il perché di tale ritardo.

Quella mattina avrebbe dovuto essere in città almeno un’ora prima del solito : un appuntamento dell’ultimo minuto aveva scombinato parte dei suoi piani. Sicuramente avrebbe trovato molto traffico , per cui aveva deciso di anticipare la sua partenza.

Aprì cautamente la porta della stanza di Greta. Non voleva rischiare di svegliarla .

La vide addormentata abbracciata alla sua bambola preferita. Ai piedi del letto Luna.

Alessandro ebbe voglia di cacciarla via : non voleva che passasse il suo tempo in casa , figuriamoci sul letto della bambina. Luna sollevò poco la testa e lo guardò , iniziando a muovere la coda per salutarlo .

L’uomo si portò un dito sulle labbra e Luna parve comprendere che non doveva far rumore : si accovacciò di nuovo , tra le gambe di Greta , che si voltò su di un fianco, continuando ad abbracciare la sua bambola.

Prima di salire in macchina, Alessandro si voltò verso il canale . Il sentiero era ancora deserto a quell’ora . Una nebbiolina leggera avvolgeva la campagna tutt’intorno.

Fu allora che la vide , stentò solo un attimo a riconoscerla. L’emozione lo assalì e fu quasi sul punto di sbracciarsi per salutarla.

Quello però non era il momento giusto. Non ancora. Doveva avere pazienza.

Claudia si avvicinava rapidamente. Non poté fare altro che salire in macchina e sperare che lei non lo avesse visto.

Arrivata nei pressi della casa la donna effettivamente rallentò. Nell’auto, con i vetri che si appannavano lentamente , Alessandro trattenne il respiro: la vide guardare nella sua direzione , quasi gli sembrò che lo avesse visto. Poi il passo di Claudia riprese più veloce e , vedendola allontanarsi in direzione del lago , Alessandro riprese a respirare.

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