Mondiali, l’Italia pesca l’Irlanda del Nord: per tornare a pensarsi grandi

L’Italia sa finalmente quale sarà il percorso da superare per provare a rimettere piede al Mondiale dopo due edizioni saltate consecutivamente. L’urna di Zurigo non ha regalato sorprese ma ha messo gli Azzurri davanti al primo ostacolo: l’Irlanda del Nord, in una semifinale secca da giocare in casa il 26 marzo. Solo in caso di vittoria, la Nazionale volerà poi in trasferta – gara unica, il 31 marzo – per affrontare la vincente tra Galles e Bosnia Erzegovina. Un incrocio tutt’altro che banale.

O’Neill: “Siamo sfavoriti, ma può essere un vantaggio”

Il Ct dell’Irlanda del Nord, intervistato da Sky, ha scelto toni sinceri: “Qualunque squadra avessimo sorteggiato, sarebbe stata complicatissima da affrontare. Sarà bellissimo giocare contro una delle più grandi nazionali di sempre. È difficile per noi, ma il fatto di essere sfavoriti potremmo sfruttarlo come un vantaggio”.

Un modo elegante per dire che verranno senza pressioni. E spesso, contro l’Italia degli ultimi anni, è proprio questo che crea i problemi maggiori.

L’Italia e il peso di due fallimenti: oggi fa paura tutto, ma non dovrebbe

E qui arriva il punto che va oltre i sorteggi, oltre i nomi e oltre le quote: l’Italia arriva a questi playoff con un fardello enorme sulle spalle. Non solo tecnico, ma soprattutto mentale.

Due Mondiali saltati di fila. Il 2018 fuori contro una Svezia sicuramente più attrezzata, ma mai superiore al valore storico della Nazionale. Il 2022 buttato via in una notte folle contro la Macedonia del Nord, un ko che resterà una delle più grandi ferite del calcio italiano moderno.

2018
2022

È da lì che nasce questa sensazione diffusa, quasi collettiva, che ogni squadra possa far paura. Non per valore assoluto – perché l’Italia, per storia, tradizione e profondità di talento, dovrebbe essere una delle migliori nazionali al mondo – ma perché la testa è diventata il vero avversario.

Sulla carta, nessuna delle possibili rivali dei playoff dovrebbe realmente spaventare una Nazionale capace, quattro anni fa, di vincere un Europeo dominando psicologicamente ogni partita. Ma quando inciampi due volte di fila nei momenti decisivi, ogni ostacolo assume dimensioni ingigantite.

La verità è che l’Italia non si è indebolita nel potenziale, si è indebolita nella fiducia. E quando manca la fiducia, anche la sfida più semplice rischia di diventare un romanzo di tensione.

Perché l’Italia deve tornare a pensarsi grande

Oggi abbiamo paura dell’Irlanda del Nord. Abbiamo paura del Galles. Abbiamo paura della Bosnia. E se ci fosse capitata San Marino, avremmo avuto paura anche di loro.

Ma questa non è la normalità: è l’effetto di due cicatrici non ancora rimarginate. Serve tornare a interpretare il proprio ruolo: l’Italia non è una nazionale qualunque, non è una outsider né una comparsa. È una delle nazionali più importanti al mondo, una di quelle che deve guardare le altre dall’alto, non viceversa.

Non è presunzione. È semplice realtà sportiva. L’obiettivo, il 26 e il 31 marzo, non sarà solo qualificarsi: sarà riprendersi un’identità. Uscire dal blocco mentale che ci accompagna da anni. Smontare quella paura che ci ha resi piccoli, fragili, vulnerabili.

Perché il Mondiale è un diritto da guadagnare, ma anche una responsabilità storica. Ed è ora che l’Italia torni dove deve stare: dentro la competizione che l’ha resa grande. Sempre.