Filippo di Sambuy, artista versatile dalle dune di Sabaudia a Torino

Il pittore Filippo di Sambuy al centro dell’esposizione che ha ottenuto significativi consensi di critica e di appassionati. All’interno della mostra, che si è chiusa a Torino il 27 ottobre scorso, il noto pittore ha presentato i suoi lavori della raccolta “Il libro dello splendore”. Molto considerato per le particolari creazioni Filippo di Sambuy è un protagonista della vita culturale artistica con una visione che lo porta ad approfondire tutto ciò che si muove nella modernità. Si caratterizza per il suo legame nei confronti del mondo pontino essendo vissuto per molti anni sul litorale di Sabaudia. Attualmente lavora e produce tra le città di La Turbie (Francia) e Torino.

A proposito delle opere presentate nella mostra svoltasi nel capoluogo piemontese, un grande effetto è stato determinato dalla collocazione delle stesse in ambienti luminosi e adatti all’approfondimento delle tematiche simbologiche a seguito di una scelta motivata da un profondo percorso espositivo, secondo una costante interiore alla base del processo formativo dell’autore.

La ricerca prodotta è stata portata avanti nell’ottica di una percezione emozionale di profonda interiorità con una visione di insieme tra il mondo reale ed irreale. Il viaggio di Sambuy interseca diverse tappe che si accompagnano alla vita dell’autore, ed in particolare collegate al periodo iniziato tra le dune della “metafisica Sabaudia”, dallo stesso apprezzata per l’ispirazione dechirichiana e proseguita nella realtà torinese della Palazzina di Caccia di Stupinigi fino al momento simbologico dell’esperienza vissuta a Castel del Monte, la patria di Federico II.

Nella mostra torinese, le opere di Filippo di Sambuy hanno rivelato un personale approccio alle tematiche religiose, evocando estetiche differenti con una continuità creativa avvalorata da un’interpretazione originale e innovativa.

Il titolo della mostra ha richiamato un libro fondamentale della tradizione kabbalistica, il Libro dello Splendore (Zohar), un testo risalente al II secolo ma nascosto fino al XIII secolo, da collocare in un più ampio disegno di storia filosofica e delle religioni. Esso ha determinato lo sviluppo delle convinzioni religiose nell’ambito delle cerchie ebraiche più sensibili ai temi sacri e dal 1300 al 1800. L’artista Filippo di Sambuy (Roma, 1956) ha sintetizzato il complesso itinerario in dieci quadri mediante una tecnica mista con l’intento di offrire un’alternativa di teoria della narrazione ecclesiale, declinando una personale idea di Dio come principio unificatore.

Mario Tieghi