Terracina, gli studenti del liceo “da Vinci” in visita ad Auschwitz

Carolina Abagnale e Matteo Pallocchini, del liceo “Leonardo da Vinci” di Terracina, accompagnati dalla docente Ornella Riciniello, hanno preso parte, nei giorni scorsi, al viaggio della memoria a Cracovia, Auschwitz, Birkenau, patrocinato dalla Regione Lazio, per ricordare i milioni di Ebrei sterminati durante la seconda guerra mondiale. Un viaggio speciale, che ogni anno viene ripetuto dagli studenti delle scuole medie superiori per non dimenticare la gravità di quanto è accaduto in passato, rivivendo, attraverso la visita dei luoghi e la voce dei sopravvissuti, l’orrore che l’uomo è stato in grado di operare nei confronti di altri uomini, donne e bambini, affinché tutto questo non possa più ripetersi.

Il viaggio

“Dopo aver assistito alla commovente testimonianza di Pietro Terracina, ebreo sopravvissuto, arrestato a Roma il 16 ottobre del 1943 e successivamente deportato a Birkenau – raccontano i protagonisti del viaggio – si è giunti a Cracovia, abitata allo scoppio della seconda guerra mondiale da circa 70.000 ebrei, che nell’ottica dei nazisti occupanti, avrebbero dovuto essere eliminati in tempi brevi, perché considerati appartenenti ad una razza inferiore. Dopo la visita del quartiere ebraico Kazimierz e della sinagoga Temple, il gruppo di oltre 292 studenti e 146 docenti provenienti da tutto il Lazio, accompagnati dalle guide locali e dalle accurate spiegazioni di Marcello Pezzetti, direttore del museo della Shoah a Roma, hanno attraversato le vie dell’ex ghetto, fatto costruire dai tedeschi per concentrare e poi deportare verso i campi di messa a morte gli Ebrei”.doppio filo spinato ad Auschwitz

L’orrore delle camere a gas

L’intera giornata dell’11 aprile, invece, è stata interamente dedicata alla visita del KL Auschwitz, istituito il 27 aprile del 1940 nell’Alta Slesia. Il sito inizialmente utilizzato come campo di concentramento per gli oppositori politici polacchi, è stato poi trasformato in un complesso concentrazionario formato da tre campi: Auschwitz I, Auschwitz II-Birkenau, Auschwitz III- Buna-Monowitz, dove fu deportato Primo Levi, e da una serie di 45 sottocampi. Gli Ebrei, che ad una prima selezione risultavano in condizioni fisiche migliori, secondo le commoventi narrazioni dei due testimoni sopravvissuti che hanno accompagnato, Tatiana Bucci e Sami Modiano, “venivano sottoposti alle procedure di immatricolazione (svestizione, rasatura dei capelli, doccia e tatuaggio), il restante 80% era inviato nelle camere a gas, dove moriva per asfissia nel giro di 15 minuti per effetto delle esalazioni dello Zyclon B e poi bruciato nei forni crematori. Le persone (uomini e donne senza alcuna differenza di età o di genere) vi entravano svestite, convinte di effettuare una vera doccia, (ad alcuni veniva data anche una saponetta) e a nulla serviva dimenarsi o cercare di sfuggire nel momento in cui si comprendeva ciò che realmente stava accadendo: una morte troppo precoce, insensata e illogica. Successivamente i Sonderkommando, anche Ebrei, come Shlomo Venezia, utilizzato dai nazisti, perché barbiere, ripulivano e deturpavano i cadaveri conservando tutto ciò che poteva risultare utile e proficuo, come denti d’oro, poi fusi per farne lingotti e capelli, con i quali sarebbero stati tessuti tappeti o realizzate imbottiture per materassi. Nel museo di Auschwitz sono presenti diverse sale con valigie, scarpe, cosmetici, utensili di ogni tipo. Emblematica è la stanza in cui è esposto un tessuto realizzato con capelli umani. Erano considerati degli Untermenschen, spogliati dei propri averi, privati di affetti e di diritti inalienabili, quali la libertà, la vita e la sicurezza della propria persona, venivano considerate delle nugae, delle bazzecole”.

Nessuno raccontava per timore di non essere creduto

I primi testimoni sopravvissuti all’orrore non riuscivano a raccontare quanto avevano visto per paura di non essere creduti, ma poi con il tempo e soprattutto dopo la ricomparsa delle svastiche disegnate sui muri delle città, decisero di rompere il silenzio, spinti dalla necessità di realizzare il compito più alto: affidare alle nuove generazioni la memoria di ciò che era stato, affinché non accada più.

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare” (Primo Levi).